Bouli Lanners: Un’estate da giganti
Un’estate da giganti
(Les Géants, Bel. 2011, 84 min., col., drammatico)
I boschi del Belgio, in un paessaggio vicino a quello tedesco e del nord della Francia, inglobano le persone e Bouli Lanners li trasforma in un sostituto materno.
Seth (Martin Nissen) e Zak (Zacharie Chasseriaud) sono due fratelli che passano un’estate nella casa del nonno, nelle Ardenne belghe, senza la presenza di alcun adulto. Abbandonati dalla madre (le sue telefonate sono sporadiche e patetiche), i due si trovano a vagare nei boschi in compagnia dell’amico Danny, ragazzo con alle spalle problemi familiari.
Ancor prima di essere definito “sociale”, il cinema belga mostra di essere profondamente legato al proprio territorio. Nonostante sia un paese dalle dimensioni ridotte, dalle Fiandre alla Vallonia, esso risulta variegato e cangiante, così come il suo cinema.
La pellicola di Bouli Lanners, infatti, è sì l’espressione di una certa povertà (tipica soprattutto della cinematografia vallone), ma che, a differenza di quella presentata dalla filmografia dei fratelli Dardenne per esempio, non si limita solo al sociale o al culturale. Essa s’inserisce in un legame particolare con la Natura.
Non si è, infatti, nella periferia di Liegi, a Seraing, come nelle pellicole dei Dardenne, ma (senza voler giocare con le parole) nella profondità delle Ardenne, zona verde e boschiva della Vallonia ricca di fiumi, boschi e abbazie. Il concetto di “povertà”, così evidente in una regione, come la parte francofona del belgio, in cui la differenza fra chi ha e chi non ha è molto più marcata che dalle nostre parti (la “classe media” è molto più ridotta), non si esprime in Lanners solo nel disagio sociale, ma nel rapporto col naturale che diventa solo successivamente anche “sociale”. Un rapporto che, non è consapevole, voluto; più che altro, esso è ingenuo, “normale”.
“Normale” come la regia e la fotografia, mai artificiose e tendenti a riprendere ciò che va ripreso. Semplice e naturale come i protagonisti e lo “spazio filmico”.
Le azioni di Zak e Seth, non possono essere inseriti in un discorso sulla “scelta”. Non si tratta di una scelta individuale legata al desiderio di vivere a contatto con la Natura (si pensi a Timothy Treadwell in Grizzly Man di Werner Herzog), ma di un’inconsapevole vicinanza ad essa, di adattamento. I personaggi si adattano a ciò che hanno attorno a loro. E’ in tal senso, allora, che i ragazzini di Les Géants sono naturali. Essi sono spontanei nell’ambiente in cui si trovano a vivere. Come una madre silenziosa, la Natura da un lato li protegge e dall’altro li educa alla vita adulta. Essi, privi di un qualsiasi legame con il mondo dei grandi, dei “giganti”, diventano essi stessi “giganti” inconsapevolemente. Certo, magari troppo presto, ma nel frattempo riescono a sopravvivere, si adattono e pianificano. E’ qui che Seth e Zak diventano sociali, animali sociali anche a causa dei contatti con Danny, ragazzo “dardennese” con problemi alle spalle. Già adulti, un po’ per scherzo e un po’ per necessità, lanciano il cellulare nel fiume e proseguono con la loro imbarcazione.
La madre dei due fratelli predica via telefono, ma è lontana. Meglio la Natura, madre silenziosa ma vicina e, paradossalmente, più sociale.
Mattia Giannone
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