Jonathan Glazer: The Fall

JONATHAN GLAZER
The Fall
(UK 2019, 7 min., col., cortometraggio)
Sette minuti di crudeltà, anonimato e un silenzio umano assordante: Jonathan Glazer è tornato. Accompagnato da una fotografia eccezionale, il cineasta rinnova il legame con lo spettatore e con le sue angosce più profonde e primarie (si veda il suo precedente lungometraggio Under The Skin).
Il regista anglosassone
Nel corto, degli individui mascherati se la prendono con un altro individuo, a sua volta mascherato, e lo puniscono buttandolo in un pozzo. Perché? Non ci è dato sapere. Glazer decide di non farci vedere la ragione di tale crudeltà. The Fall è la caduta nel pozzo del povero malcapitato, ma anche quella dell’essere umano, incapace di spiegarsi determinate cose e che arranca cercando una soluzione: il sacrificio di uno della stessa specie. Gli esseri umani sono tutti uguali, sembra dirci il regista: hanno tutti la stessa maschera (quella umana) e la scelta su chi sacrificare sembra casuale e non importante. O, meglio, il motivo della scelta non deve giustificare o eclissare la crudeltà in quanto tale. L’uomo, dunque, vuole placare lo straordinario (che, appunto, non ci è dato sapere nel cortometraggio) per tornare all’ordinario. Lo straordinario fa paura, mentre l’ordinario no. Ciò che esce dal gruppo, dalla comunità, dalla società, terrorizza e va neutralizzato.
E lo spettatore? È anche lui di fronte all’ignoto e all’anonimato. Le maschere non permettono di definire i tratti del viso e sembra non esserci il movente di questa crudeltà. Il fruitore non ha appigli su cui tranquillizzarsi, non ha punti di riferimento (invece lo straordinario ne ha quando risale il pozzo): anche lo spettatore è terrorizzato e in tensione, spaventato a sua volta dallo straordinario che sta vedendo e dall’impossibilità di sapere il motivo dell’atto.
Mattia Giannone