Mostra del Cinema di Venezia: 2-3 Settembre


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CONCORSO – George Clooney: Suburbicon (USA)

Suburbicon è una pacifica e idilliaca comunità periferica caratterizzata da case a buon mercato e giardini ben curati…Tuttavia, l’apparente tranquillità cela una verità inquietante, quando il marito e padre Gardner Lodge è costretto a farsi strada nel lato oscuro della città fatto di tradimento, inganno e violenza. (dal sito della Biennale di Venezia)

Da un vecchio copione dei Coen, George Clooney realizza una commedia nera che, per quanto divertente, sembra più che altro una versione annacquata e addomesticata del cinema dei fratelli del Minnesota. L’operazione di Clooney consiste nel replicare lo stile che ha reso famosi i fratelli sostituendo però agli aspetti filosofici legati alla sorte e al cinismo umano (il perno delle pellicole dei Coen) una chiara e lineare parabola politica: in un classico distretto residenziale degli anni ’50, curato come una cartolina, viene alla luce l’ipocrisia bigotta dei suoi abitanti una volta che vi si trasferisce una famiglia di colore. Su questo sfondo si dispiega la vicenda vera e propria all’interno della famiglia dei vicini bianchi, dove si consuma, da manuale, il classico massacro coeniano.

 


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ORIZZONTI – Vahid Jalivland: No Date No Signature (Iran)

Il dottor Narima, anatomo-patologo, un uomo virtuoso e di solidi principi, ha un incidente con un motociclista e la sua famiglia, in cui ferisce un bambino di otto anni. Pagati i danni al motociclista, si offre di portare il bambino in una clinica vicina. La mattina dopo, viene a sapere che lo stesso bambino è stato portato in ospedale per l’autopsia.Nariman deve affrontare un dilemma: è lui il responsabile della morte del piccolo a causa dell’incidente o la morte è dovuta a un avvelenamento da cibo, come sostiene la diagnosi degli altri medici? (dal sito della Biennale di Venezia)

Vahid Jalilvand è il regista iraniano che ha portato al Lido Wednesday, May 9 due anni fa. Jalilvand deve molto al Farhadi di Una Separazione; spesso le pellicole iraniane mettono in scena vicende in cui piccole azioni generano conseguenze fuori controllo. Le pellicole diventano così dei veri e propri guilt trip: Il senso di colpa dei personaggi li porta a interrogarsi sulle proprie responsabilità. Film comunque di eleganza ineccepibile, ambientato in una Tehran mai così grigia e buia, No Date No Signature in verità non offre molti nuovi spunti e non percorre soluzioni narrative particolari, a differenza degli intriganti sfalsamenti temporali del film precedente. A Jalilvand interessa fotografare la realtà attraverso i gesti dei personaggi in modo asciutto e non estetizzante.

 


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FUORI CONCORSO – Craig Zahler: Brawl in Cell Block 99 (USA)

Bradley, un ex pugile, perde il lavoro come meccanico di auto, e anche il suo tormentato matrimonio è in pericolo. In questo momento difficile, non vede davanti a sé altre scelte se non quella di lavorare come corriere per un trafficante, sua vecchia conoscenza. La situazione migliora fino al giorno tremendo in cui si trova coinvolto in una sparatoria tra un gruppo di poliziotti e i suoi spietati alleati. Bradley è gravemente ferito e finisce in prigione, dove i suoi nemici lo costringono ad atti di violenza che trasformeranno quel posto in un brutale campo di battaglia. (dal sito della Biennale di Venezia)

Dopo gli scalpi e gli smembramenti di Bone Tomahawk, Craig Zahler torna stavolta a mostrare penitenziari infernali, ossa che si spezzano e crani spaccati con i piedi. Zahler profetizza: basta con montaggi ipercinetici e musiche pompate, il cinema d’azione si fa così, con ironia e rigore espressivo, con una cura del suono maniacale (le ossa che si rompono, appunto). La storia è un dettaglio, l’importante è far sentire il pugno, il calcio, il proiettile. Una vera rivoluzione in atto nel cinema di genere.

 


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ORIZZONTI – Alireza Khatami: Los Versos del olvido (Cile)

L’anziano custode di un remoto obitorio ha una memoria infallibile per qualsiasi cosa, eccetto i nomi. Quando scoppia una rivolta in una città vicina e la milizia irrompe clandestinamente nell’obitorio per nascondere le vittime civili, l’uomo scopre il corpo di una giovane sconosciuta. L’uomo si imbarca in una magica odissea deciso a dare degna sepoltura alla donna. (dal sito della Biennale di Venezia)

Alireza Khatami, regista iraniano giramondo, ha affermato di essere ossessionato dalla necessità di raccontare storie legate a uomini scomparsi e dimenticati. Per questo, raggiunto il Cile, decide di realizzare un film sui desaparecidos ambientato nell’epoca di Pinochet. Ad un registro storico/realistico, Khatami preferisce la suggestione, l’allusione fantastica, facendo così in modo che la vicenda sembra collocata in un tempo e uno spazio indefinito e onirico. La scelta del protagonista di dare degna sepoltura ad una ragazza sconosciuta nasce dalla necessità non solo semplicemente di ricordarla, ma di “scrivere un finale” della sua storia. Il film, rifuggendo per scelta stilistica ogni logica e razionalità, presenta non poche ingenuità, ma glielo perdoniamo in quanto si percepisce una fiducia totale nel racconto e nel ruolo salvifico del cinema come mezzo di recupero, di salvataggio di ciò che è stato tolto e rimosso. Ad oggi, Los Versos del Olvido, tradotto “i versi dell’oblio”, è il vero film Orizzonti di questa edizione della Mostra del Cinema.

Stefano