Steven Soderbergh: Dietro i Candelabri

STEVEN SODERBERGH

Dietro i Candelabri

(USA 2013, 118 min., col., drammatico)

Liberace, pianista virtuoso ed esuberante, è ormai una star affermata: calca i palcoscenici dei teatri d’America, appare in televisione; la sua è una vita fatta di eccessi e di clamore. Finché un giorno il giovane Scott Thorson lo raggiunge in camerino: tra i due uomini, nonostante la notevole differenza d’età, nasce una relazione profonda e segreta, fatta di alti e bassi…(cinematografo.it)

Non riesco a credere che il canto del cigno di Steven Soderbergh possa essere un biopic sullo showman più pagato di Las Vegas morto di AIDS nel 1987: questo mi ripetevo durante la visione. Siamo abituati ai bruschi cambi di direzione del regista hollywoodiano più prolifico di questi anni, ma a Behind the Candelabra non eravamo preparati.

Soderbergh viene spesso considerato alla stregua di poco più di un raffinato mestierante del cinema. Ma Soderbergh è l’incarnazione contemporanea del concetto di versatilità applicato al mondo del cinema. Trovare un filo conduttore nella sua filmografia è un’impresa che stimolerebbe ogni buon appassionato, ma ogni volta il cineasta produce qualcosa di così nuovo (eppure così ricorrente) da costringerci a ricominciare il giochino. L’unica cosa che accomuna le opere di Soderbergh, per noi, è l’intento di affrontare ogni genere cinematografico e di rivisitarlo in chiave personale. Per fare un paragone, e questa è un’opinione personalissima, vedrei bene Soderbergh come un meccanico che toglie il motore ad un auto e vi lascia solo la carrozzeria. Questo fa con i generi cinematografici:

Drammatico (Sesso, Bugie e Videotape)

Commedia (Ocean’s Eleven, Out of Sight)

Noir (Intrigo a Berlino)

Storico/biografico (Che)

Sociale (Erin Brockovich, Traffic, non a caso i più sbandierati agli Academy)

Erotico (The Girlfriend Experience, Eros, girato con Kar Wai e Antonioni)

Fantascienza (Solaris)

Sperimentale/Psicologico/Nouvelle Vague (Full Frontal, Bubble)

Action (Knockout – Resa dei Conti)

Apocalittico (Contagion)

Thriller (Side Effects)

Nei film di Soderbergh si sublima l’idea di un cinema che sui generi poggia solo la superficie; di un cinema che rispetta le regole dei generi ma che dei generi ha perso il contenuto emotivo. Ciò che rimane è solo un “guscio” di generi. La singolarità, quando si guarda un film di Soderbergh, non è quella di stare guardando, per esempio, una commedia, ma di stare guardando un film di Soderbergh.

Veniamo a Behind the Candelabra, giustamente celebrato qua e là soprattutto per la performance di Michael Douglas. Dovrebbe essere un film d’amore. Ma in realtà è difficile vedere amore in questo film. Sullo sfondo c’è una storia d’amore, ma quello che risuona più nelle orecchie è il “sono libero!” di Liberace alla notizia della morte della madre. E’ facile, poi, vedere una critica allo show/business in questo film e non si può negare che non ci sia. Ma Soderbergh non ci dice “odiate il lusso”. Questo contrasto tra la nitidezza della messa in scena e l’ambiguità del risultato è ciò che ci colpisce maggiormente. Una chiarezza espositiva stupefacente senza però alcuna posizione netta, può essere interpretato sia come pressapochismo che come acuta capacità di analisi: fate come preferite. Ma ciò che distingue il film, che lo rende davvero unico e speciale, è un senso mortifero che l’attraversa dall’inizio alla fine, una specie di grandeur funebre (la scena finale lo dimostra), una chiusura di discorso a tutti gli effetti. Lo vedo nei vestiti di Liberace che sono portati come una seconda pelle, usati e buttati via ogni volta; lo vedo nella vampirizzazione degli amanti; lo vedo quando guarda i vecchi video delle sue esibizioni; lo vedo nella chirurgia plastica, nell’affanno di rinascere, nella pigrizia, nell’impressione di una claustrofobia charme, di una menzogna dorata. Va da sè, il precedente illustre di Behind the Candelabra è chiaramente Viale del Tramonto. Sembra dire il film: il segreto (l’omosessualità) porta alla solitudine, la solitudine porta alla morte.

Stefano Uboldi

  • http://www.blogger.com/profile/13526718142537678826 Kris Kelvin

    Ti dirò… a me la storia d’amore non ha colpito particolarmente in questo film, che pure mi è piaciuto parecchio. L’ho trovato invece perfetto come ritratto di un’epoca che non c’è più, uno spaccato di un momento storico (gli anni ’70) dove certe ‘esagerazioni’ (artistiche, stilistiche, sessuali) erano proprio tipiche del periodo. Mi ha ricordato molto ‘Boogie Nights’ di Anderson, anche se certo meno nostalgico. Però bello.

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    No, infatti, la storia d’amore è solo lo sfondo. Mi chiedo comunque perchè Soderbergh abbia deciso come soggetto proprio questa storia, così lontana dai suoi gusti.

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    te lo dirò promesso… ho letto lo specialo su “Positif” ;)

  • http://www.blogger.com/profile/04927499876473777503 L.Z.

    Interessante il paragone con Viale del Tramonto.
    Me lo sono perso al cinema, cercherò di rimediare al più presto.

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