Michael Haneke: Amour
MICHAEL HANEKE
Amour
(Austria/Francia 2012, 127 min., col., drammatico)
Questa recensione vorrebbe essere in realtà qualcosa di simile a ciò che qui è stato già fatto con Bella Addormentata: un mix tra articolo-riflessione unito ad uno sguardo più approfondito sul film, specialmente sui pro e contro con un certo riferimento ai Cahiers Du Cinema che qui sui Cineuforici seguiamo abbastanza volentieri. A proposito dei Cahiers: come si è detto poco fa Amour è stato massacrato dalle velenose penne francesi che avrebbero preferito vedere impalmato Carax. Noi (plurale maiestatis, ma conoscendo l’esimio Collega suppongo sia d’accordo con il sottoscritto) la pensiamo uguale, ma sorge una domanda: sarebbe stato massacrato con uguale irruenza anche se non avesse vinto la Palma? Io penso di no. Perchè quello di Haneke è davvero un bel film; perchè massacrare un bel film è una cosa da imbecilli; perchè di solito tra chi dice meraviglioso e chi dice orribile di qualcosa, la verità sta nel mezzo. Quindi, a voi il giudizio…:
PERCHE’ SI
Haneke si trasferisce in Francia portando con sè il suo carico di genialità sadica per adattarla ad una storia terribile e commovente (tanto terribile quanto commovente perchè potrebbe toccare ad ognuno di noi). Mostra il ritrovamento di un cadavere e poi risale al principio, passando per lo sguardo frontale di un pubblico ad uno spettacolo, che per inciso siamo noi. I due protagonisti, Georges ed Anne, rientrando a casa e scoprono che la porta è stata violata: qualcosa è entrato, non ha rubato niente, ma sappiamo che da qui in poi cambierà tutto. Il resto lo sappiamo. Il calvario di Anne, colpita da un ictus, che perde progressivamente contatto con le sue facoltà vitali, il declino fisico, l’umiliazione, il gesto disperato finale di Geoges; in tutto questo Haneke non dimostra il minimo cenno di tenerezza (su questo tema sono già stati girati altri lavori, ma tutti affrontati con la stessa forma di compassione) regalandoci una fredda ricostruzione cronologica per mezzo del suo marchio di fabbrica: dolorosi piani sequenza a inquadratura fissa. Questa volta attinge anche all’onirico con sequenze di pura angoscia. Per chi non ha visto il film: prepararsi a rimanere ingabbiati, da questa casa non si esce se non cambiati. Secondo me il film raggiunge il picco negli ultimi 10-15 minuti, quelli successivi all'”ultimo atto” (sto facendo di tutto per evitare spoiler!) di puro silenzio e vuoto. Non spreco parole per i due attori e per la loro interpretazione, non ne sono degno. Amour ha il pregio di mostrare la morte (quella che più temiamo: la vecchiaia, la malattia…) al pubblico occidentale che di morte non ne vuole nemmeno sentire parlare.
PERCHE’ NO
La Palma d’Oro per un film come Amour è quasi inspiegabile se non fosse che dietro alla macchina da presa ci sia Haneke, e a lui perdoniamo tutto. Amour è un dramma da camera abbastanza convenzionale, ed è vecchio (scusate l’indelicatezza verso il tema del film…) in partenza. Qui parliamo di 127 minuti, dico 127 minuti di agonia pura, in cui succede poco o nulla che non ci aspettiamo già. Va bene poi che tutta la pellicola si regge sugli sguardi e sui gesti, ma a parer mio il film non è scritto benissimo, (i dialoghi non sono certo indimenticabili, basti pensare a: “Non posso credere che oggi non ci siano possibilità di trattare questi casi in modo più efficace!”). Alcuni personaggi, che sono conoscenti o parenti della coppia, sono inseriti nel film in modo abbastanza meccanico e alcuni di loro sembrano essere riempitivi (ma è una opinione di pancia, probabilmente andrebbero studiati meglio). E poi Isabelle Huppert (che pronuncia la frase di prima), che è una grande attrice, ma che cavolo è come il prezzemolo, la vediamo praticamente in ogni film “d’autore” che ci capita sotto mano…