Parole di pancia su “Bella addormentata” di Bellocchio
Per ora non è una recensione (e non so se la scriverò), ma solo un breve testo di pancia, privo del dovuto distacco oggettivo. Sono uscito solo da un paio d’ore dal cinema e ho la necessità di scrivere queste due righe; non per dire la mia opinione sull’argomento Englaro (per la cronaca: sono vicino al pensiero di Bellocchio), ma per esprimere la mia esperienza visiva (perché di cinema si tratta) di fronte a questa pellicola.
Promosso? Bocciato? Rinviato a settembre (non ci sono più i debiti formativi…)? Sarebbe facile dire di sì, ma come lo sarebbe dire di no. Insomma, la fotografia a tratti è sublime: i controluce delle stanze del senato, le ombre sul figlio di un’immensa Isabelle Huppert si contrappongono alla luce della stanza di Rosa, al volto della madre di Maria; i dettagli sono maestosi (l’ultima scena che si sviluppa intorno ai piedi e alle scarpe è memorabile), come lo è il montaggio e la musica.
C’è però qualcosa che non mi lascia del tutto convinto. In primis la recitazione degli attori, poco incisiva e a tratti superficiale (a parte la forza di Toni Servillo e dell’alienazione della già ricordata Isabelle Huppert). In secondo luogo, il fatto che alcune sequenze siano prevedibili (e facile dirlo dopo la proiezione, ma l’esito di alcune sequenze, e non dovrebbe accadere a mio avviso, non erano impossibili da intuire). Questi due sono ancora niente in confronto al terzo punto. Il messaggio trasmesso da Bellocchio è molto importante, anzi è il messaggio etico con la “M” maiscula. Ciò che ha lasciato in me qualche perplessità, ed è forse la cosa più importante, è la quantità del pensiero non la sua qualità o importanza sociale. Dove sta insomma il mio dubbio? Nel fatto che tale pensiero fondamentale sia troppo spesso detto: o con immagini, o con simboli, o con frasi, o con metafore. Il film non è solo SU quel messaggio e sugli altri punti di vista che ben emergono dal film (le accuse d’imparzialità o di aver fatto sentire una sola campana sono a mia avviso errate; certo sostine il suo pensiero, ma un film è già l’espressione in sè di un modo di vivere e di pensare), ma è fatto di quel messaggio: c’è dappertutto. Troppo. Ogni frase detta esprime il medesimo concetto di quella precedente e così via. Non bastava dirla una volta sola, magari con una frase di quelle giuste e che rimangono nella memoria dello spettatore? Dire lo stesso concetto in maniera diversa, con diverse sfumature: è questo che non mi ha convinto del tutto.
Cinefili di tutto il mondo unitevi e dite cosa ne pensate…
Mattia Giannone