Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia: 2 settembre 2012. Boxing Day, E’ stato il figlio, Blondie, To the wonder

Il festival prosegue tra alti e bassi. Ovvero, tra inaspettati gioielli e tremende delusioni. Tra queste il film di Malick, notoriamente uno dei miei registi preferiti, che è stato coperto di fischi; e l’ultimo di Amos Gitai, così noioso da spingermi a uscire dalla sala (e infatti non lo recensirò, avendone visto solo metà). Mai uscito prima della fine di una proiezione in vita mia. C’è una prima volta per tutto, non è un reato.

Daniele Ciprì: E’ stato il figlio (Italia)

Il miglior film italiano in concorso. Saga familiare con sfondo mafioso ambientato negli anni 70, che ritrae un sottoproletariato misero tanto economicamente quanto esistenzialmente. I personaggi sono agitati dal desiderio, eppure sono immobili, impotenti. I piu’ giovani sono costretti a soccombere alla logica opprimente dei padri. Un incubo ad occhi aperti. Grande Toni Servillo.

Bernard Rose: Boxing Day (UK)

L’ultimo film di Bernard Rose è stato presentato nella sezione Orizzonti, ma l’autore in questione non è esattamente l’ultimo arrivato. Attivo fin dagli anni 80, è diventato regista di culto per gli aficionados dell’horror avendo diretto il cult Candyman nel 1992. Il film è la rivisitazione moderna di un racconto di Tolstoj, “Il Padre e il Lavorante”. Un uomo d’affari, Basil (Danny Houston), che si occupa di compravendite immobiliari assume un autista (Matthew Jacobs) che lo accompagni per individuare le case abbandonate da chi non può permettersi di pagare il mutuo. In pratica, è uno dei tanti speculatori della crisi economica, cinico, arrivista, sostenitore anche del capitalismo più spietato; l’altro è un imbranato alle prime armi, buttato fuori di casa per i suoi fallimenti, ingenuo e sempliciotto ma buono di cuore. E’ chiaro che i due agiscono in modi conflittuali (sempre dialettici però) e si instaura un rapporto di padrone e schiavo. Guidando tra le montagne rocciose, si perdono trovandosi quindi bloccati nella neve. Basil dovrà combattere tra le sue idee e un possibile riscatto morale  Non dirò altro per non rovinare il finale a chi vorrà vedere questo piccolo gioiello. Splendido, applausi interminabili.

Jesper Ganslandt: Blondie (Svezia)

Mi chiedo cosa ci faccia una porcheria simile alla mostra del cinema. Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Classica storia di festa di compleanno in cui si riunisce tutta la famiglia, disfunzionale nel modo più ritrito, che si trasforma in un occasione per rivendicazioni e ritorno di vecchi conflitti. Nevrosi, invidia e incomprensioni tra le 3 figlie di cui una modella e le altre due ci manca poco, fino al finale volemmose bene. Vorrebbe essere profondo ma è solo patinatissimo. Buona fotografia, alcune “cornici” ricordano quelle familiari di Wes Anderson, ma questo è il Wes Anderson dei poveri, si badi. Ma cosa mi è saltato in mente entrando in sala? Ah già, le attrici…chiaro no?

Terrence Malick: To The Wonder (USA)

Irritante l’ondata di fischi al termine della proiezione, roba da stadio intendiamoci, ma in larga parte ho condiviso la delusione che ha provocato la pellicola di uno dei grandi maestri del cinema di oggi. Già sul red carpet non si sono visti nè Ben Affleck nè Rachel McAdams, e a buona ragione: ha una particina di 10 minuti, breve ma intensa che non giustifica il battage pubblicitario con la sua foto in bella vista. Viene il dubbio che Malick, con il suo stile rarefatto e frammentato, possa rendere bellissimo anche il soggetto più banale, così, per capriccio. Questo comporta che il pubblico si sente fregato. Appunto.

Stefano Uboldi