Leos Carax: Holy Motors (analisi prima parte)

Leos Carax: Holy Motors
ANALISI
prima parte
Un film come quello di Leos Carax, Holy Motors, richiede uno studio tale che una recensione non può esaurire. Sarà necessario proporre un’analisi approfondita, che penetri nei meandri delle immagini proposte dal cineasta francese.
La pellicola è strutturata come se fosse un’agenda, una pagina e un giorno di questa agenda. Come tale può essere ben organizza, ma degli imprevisti possono sempre accadere. Fra un personaggio e l’altro (fra i vari appuntamenti), Mensieur Oscar si prende delle pause, quei cinque minuti che permettono di staccare dal precedente incontro e prepararsi a quello successivo; questi minuti vengono proposti all’interno della limousine, vero e proprio “dietro le quinte” teatrale.
Prologo
Sinossi: Degli spettatori guardano un film in una sala cinematografica. Viene successivamente mostrato un uomo che si sveglia dal suo sonno a causa di alcuni rumori. Alla ricerca della provenienza di questi suoni (gabbiani e onde) s’imbatte, contro la parete della sua stanza in un buco della serratura nel quale infila il suo dito in forma di chiave. Non senza fatica, il personaggio del Dormiente apre la porta e si trova nella sala cinematografica.
Inizio giornata lavorativa
Analisi: Il ruolo di questo primo personaggio è molto difficile da interpretare, anche se può essere visto come una continuazione di quanto accade nel prologo. Oscar potrebbe incarnare la presa di coscienza del “vecchio”, del “debole”, della difficoltà di un vecchio cinema nell’affrontare la modernità: non a caso, nessuno dei passanti lascia una moneta alla signora; nessuno dei contemporanei considera il cinema del passato.
Secondo personaggio: motion capture
Sinossi: Lasciato il ruolo da mendicante, Oscar risale in auto e l’autista Céline lo conduce in direzione di un edificio ai margini del centro parigino. Nel corso di questo tragitto, Oscar si prepare per il suo secondo personaggio. Indossa una tuta aderente nera con dei punti bianchi luminosi e, a tracolla, un cilindro contenente degli attrezzi. Dopo essere entrato in una stanza, inizia la sua performance, mostrandosi alquanto preparato sul piano fisico. Si è, infatti, in una sala di motion capture e Oscar, su comando di una voce registrata si esibisce in attività fisiche legate all’arte di combattimento e “catturate”, per l’appunto, grazie ai sensori posti sull’indumento. Dopo lo sforzo fisico, entra nella medesima stanza una donna pronta per la motion capture. Si cimenterà con Oscar in una danza-contorsione molto sensuale e che apparirà sullo schermo informatico come un amplesso fra mostri.
Analisi: Non è possibile non intravedere in questa sequenza, una precisa critica al cinema contemporaneo e alla sua costante ricerca nelle profondità del mondo informatico. Carax “mostra il mostro” che nasce da quella precisa volontà di trans-formare il corpo dell’attore per farne dell’altro, dimenticando che questo ha in sé delle potenzialità ancora da scoprire. Non si tratta, come accennato nella recensione, di una sterile critica al cinema. Carax accetta il nuovo, ma non lo vede nel risultato finale (il mostro grafico) quanto nel movimento del corpo preposto alla motion capture. E’ il fare dell’attore che a lui e a Denis Lavant interessano, non solo ciò che lo spettatore può vedere sullo schermo. Questo, infatti, non può prescindere dalla componente umana, della fatica e dello studio del corpo. Si tratta di una tematica molto legata al teatro e al rapporto che intrattiene con l’attore.
Terzo personaggio: Mr. Merde

Sinossi: Il terzo personaggio è Mr. Merde. Con un occhio bianco, unghie lunghe, capelli rossi, vestito verde, scalzo, Monsieur Oscar si muove in una Parigi sotterranea, fra fognature e vicoli. Dopo aver incontrato un gruppo di rifugiati, deambula in maniera spedita, ma informe, verso un cimitero. Qui capita su un set fotografico, dove gli viene chiesto dal fotografo di fare da “bestia” vicino alla “bella” modella Kay M. (Eva Mendes). Senza esitazione Mr. Merde stacca a morsi due dita dell’assistente del fotografo e rapisce la “bella”; essa viene portata nel nascondiglio di Merde, il quale taglia il vestito che la modella indossa per trasformarlo in velo in grado di coprirle spalle e volto. A questo punto Merde si spoglia e, col membro eretto, si addormenta con la testa sulle ginocchia di Kay M. intenta a cantare una ninna nanna americana: “All the pretty little horses”.
Analisi: Dopo aver presentato Merde dell’omonimo episodio presente nell’opera collettiva Tokyo!, Carax lo ripropone in Holy Motors. In questo caso il mostro non è più una proiezione fuori dal corpo dell’attore, ma è sullo stesso corpo di Monsieur Oscar. Il mostro Merde si muove nelle fogne, indaga col suo movimento una Parigi non nota, sotterranea, ma che funge da set quanto quella in superficie. Poi compare alla luce del giorno in un cimitero (quello di Père Lachiase), dove fa razzia di fiori e cammine sulle lapidi aventi come epitaffi la scritta “Visitez mon site web”. La morte del cinema è legata alla contemporaneità e permane anche da morta, in uno stretto legame con il mondo di Internet. E’ più importante comparire sul web, piuttosto che essere un autore. Gli autori non sono più le persone, ma i siti web e il virtuale. Merde, ancora legato a un cinema sensibile (nel senso di essere legato ai sensi corporei, umani) sacrilega i morti anonimi della contemporaneità, sopraffatti dalle loro opere, dalla produzioni: i nuovi film non vengono ricordati per la regia, ma per l’influenza che hanno avuto sul mercato cinematografico! Fatta piazza pulita di questo cinema (mangiando simbolicamente i fiori tombali), Merde arriva all’apparenza, ossia il set fotografico. Qui, gli viene chiesto di “fare come se” fosse la Bestia, per ricreare un effetto da “la Bella e la Bestia”. Merde, non deve “fare la Bestia” è già Bestia. L’attore è il personaggio e il personaggio è l’attore, per questo Monsieur Oscar rifiuta la parte staccando a morsi due dita dell’assistente. Il rapporto da “la Bella e la Bestia” si ricreerà “naturalmente”, per così dire, nel momento del rapimento e nella tana di Merde.
Quarto personaggio: padre di famiglia
Quinto personaggio: intervallo
Qui finisce la prima parte dell’analisi, perchè il quinto personaggio funge da vero e proprio intervallo, pausa pranzo di un’agenda ricca di appuntamenti.
Continua…
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