Le avventure acquatiche di Steve Zissou: Belafonte

Ri-pubblico questo post, dopo una mia attenta analisi della sequenza.
Il capitano Steve Zissou (Bill Murray) presenta direttamente al pubblico il suo vecchio caccia torpediniere della 2° Guerra Mondiale comprato alla marina americana e adattato per le sue ricerche oceanografiche: la Belafonte.
Da subito possiamo notare le caratteristiche estetiche care alle pellicole indie di Wes Anderson.
Steve Zissou ci viene presentato frontalmente, come se fosse in posa per una foto. Quando al centro dell’azione (anche se nei film di Anderson si può parlare di “situazione”) ci sono i personaggi, essi vengono ripresi in Mezza figura; qui, invece, Zissou compare in Mezzo Busto perché il protagonista, per questa sequenza, è la Belafonte.
La Belafonte, non a caso infatti, compare già nei primi secondi duplicata: lo sfondo è un dipinto dell’imbarcazione e Steve Zissou, in mano, ha un modellino della stessa. Wes Anderson ci vuole dire due cose: 1- il dipinto può essere interpretato come la copertina del libro pop-up per bambini che Bill Murray si appresta a narrarci (o meglio a Owen Wilson / spettatore); 2- ciò che ci verrà mostrato, ossia la sezione trasversale della nave, è un modellino architettonico.
Come tali, non appena Bill Murray si toglie dall’inquadratura, ci vengono presentati. Subito vediamo la sezione della Belafonte e la voce narrante descrive ciò che ci viene mostrato con sottile ironia.
La sezione della nave è caratterizzata da numerose stanze, occupate sempre da almeno un membro dell’equipaggio intento a compiere un “gesto simbolo”, quasi superficiale e didascalico (ecco ancora l’importanza dei libri scientifici per bambini, che chiarificano un concetto in maniera esemplare).
La scenografia, letta in chiave estetica, è ricca di dettagli che vanno a caratterizzare sia i personaggi che gli scompartimenti; così come il colore, che emerge sgargiante e con tinte pastello (tipico è il “giallo alla Anderson”).
Un’altra caratteristica dei film di Wes Anderson, nonché di questa sequenza, è non spiegare tutto agli spettatori. La pellicola non è una storia in cui tutto ci è dovuto o raccontato, piuttosto un frammento della vita dei personaggi dove una molteplicità di altre storie sono possibili (mi viene in mente il corto Hotel Chevalier che anticipa Darjelling Limited). Lo spettatore è in un crocevia di storie in una storia; o, meglio, in un incrocio di storie in… una sequenza! Infatti, con la Belafonte, vi è un accenno alla precedente relazione di Steve Zissou con una certa Jacqueline (compare il nome cancellato sul sottomarino), ad esempio; oppure la misteriosa massaggiatrice svedese, così come i delfini albini di cui si sa poco o nulla, o il mentore Mandrake, non sono altro che ulteriori avventure del team Zissou. Lo spettatore è lì per caso, un ospite gradito, ma che non deve sapere tutto. Lo scrutare del pubblico è solo, paradossalmente, narrativo e non visivo. Tutto ci è mostrato come in un museo, è fatto per essere visto da chi sta al di qua dello schermo. Un al di qua passivo, non invadente.
Mattia Giannone
  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    Bello. Quello che dici a proposito del “qua dello schermo”, cioè che il regista prende le distanze dallo spettatore e che a sua volta lo spettatore non si sente davvero “preso” dalla vicenda, io l’ho sempre visto come il limite principale di Anderson (come a dire: “si lo stile bellissimo, ma cosa mi ha lasciato questo film?”). Adesso però ho capito, tutto è voluto e pianificato.