Mostra del Cinema di Venezia: 28 Agosto

ORIZZONTI – Peter Ho-Sun Chan: Qin’ai de (Dearest)

Dearest-portada-299x198

Peter Ho-Sun Chan è un produttore e regista cinese di successo sia di pubblico che di critica in patria, probabilmente perchè dotato di quella particolare destrezza nel far sposare spettacolo e arte, capacità che gli ha fatto guadagnare in passato un lasciapassare per dirigere anche un lungometraggio a Hollywood. Dearest è un felice esempio di come queste due direzioni del cinema possano convivere in una pellicola che, pur esibendo una carattere festivaliero, è composto da una natura esplicitamente melodrammatica, che di strettamente cinese ha solo ambientazione e protagonisti: In questo senso Dearest esprime un potenziale sufficiente a commuovere un pubblico cinese tanto quanto un pubblico occidentale: c’è da scommettere che qualche regista americano possa acquistarne i diritti. Due genitori divorziati sono alla ricerca del figlio rapito e nella disperazione si riavvicinano. Dopo alcuni anni ritrovano il figlio che ormai non li riconosce più. Nella seconda parte il film estende i propri orizzonti sulla seconda madre (che nulla sapeva, apparentemente, del rapimento compiuto dal marito) e sull’avvocato che la difende. Alta prevedibilità negli sviluppi, alta probabilità di lacrime. Un melò pienamente riuscito che ci fa, come previsto, venire una gran voglia di passare oltre.

Stefano 

ORIZZONTI – Quentin Dupieux: Reality

images

Primo film visto al Lido e prime risate. La nuova pellicola di Quentin Dupieux, o Mr. Oizo che dir si voglia, è ancora una volta un ghiotto frutto per i fans più accaniti. Il regista si diverte con il mezzo cinematografico, con la narrazione e con i più disparati non-sense. Il suo surrealismo è visivo, non intellettuale. Si vede l’assurdo, lo porge davanti agli occhi e lo spettatore ne è frastornato; nessun viaggio mentale, non bisogna arrovellarsi il cervello per comprendere: tutto è alla luce del sole. Il rischio, però, è l’autocelebrazione o la parodia del proprio lavoro: potrebbe fare altri tipi di film?

Mattia Giannone

GIORNATE DEGLI AUTORI – Jukka Pekka Valkeapaa: He Ovat Paenneet (They Have Disapperead)

448bfdfd2ceb3edf1ffeec362965ab97

Con tutti i suoi limiti e difetti, i suoi inciampi e le sue sbrodolate, He Ovat Paenneet è il film che non ti aspetti, e che apprezzi al festival. E’ quel genere di film che, se pompato con marketing e pubblicità, demoliremmo; e che invece, presentato in una sala con poche persone, ci viene voglia di analizzare, discutere e se vogliamo perfino apprezzare: paradossi festivalieri. Questa pellicola finlandese è considerevolmente spiazzante sia negli intenti che nei risultati, forte di un eterogeneità che, attraverso uno sviluppo che richiama (come dichiarato dal regista) le fiabe dei fratelli Grimm, punta e, diciamo, riesce nello scopo di disorientare lo spettatore (che spesso non gradisce: noi non ci collochiamo nel gruppo). Sarà anche colmo di esagerazioni e scene un pò costruite (soprattutto quelle più oniriche/visionarie parecchio suggestive, nelle quali però si avverte una forzata volontà di stupire e scarsa pregnanza di significato: lo stesso regista, alle domande poste, è stato elusivo) ma, soprattutto nella realizzazione, rivela una fantasia, una vivacità e una voglia di sperimentare che ci conquista. A partire da una struttura, intercorsa da marcati cambi registro, eterogenea al punto del disorientamento, per la quale ciò che all’inizio percepiamo come film di formazione, diventa prima road movie, poi romantico, drammatico fino all’horror (una scena di tortura da pelle d’oca) e al surreale; e la fotografia, che certiifica coerentemente questa eterogeneità nelle modalità in cui oppone colori tenui e colori forti, luce naturale e artificiale, stati sobri e allucinati. Da premio, poi, il montaggio sonoro, che interpone frammenti sonori con la stessa shockante imprevedibilità che contraddistingue (nobilita!) questo film…bello, brutto? Che importa: interessante.

Stefano

CONCORSO – Rakhstan Banietemad: Ghessea (Tales)

30133918

Storie. Storie di vite iraniane. Storie di un tassista, di un’infermiera, di un documentarista, di un marito geloso, di una donna altruista e di un pensionato che s’intrecciano le une alle altre con una facilità d’incastro e una fluidità assai rara in pellicole del genere. Banietemad scansa il déjà vu, giocando con la semplicità. Semplice è la fotografia, basilari le regole del montaggio, senza fronzoli è la narrazione. Non è un esercizio di stile, perché anche il discorso meta-cinematografico è figlio della situazione sociale iraniana e della sua contraddittoria morsa burocratica.

Mattia Giannone

CONCORSO – Joshua Oppenheimer: The Look of Silence

0,,17869212_302,00

Impossibile dare un giudizio esaustivo del film di Oppenheimer senza considerare quel The Act of Killing di cui The Look of Silence è prodotto gemello e complementare. Spaventati dall’idea che fosse il risultato del materiale di scarto del capolavoro (ribadiamo che The Act of Killing è destinato a diventare uno dei film della decade), fin dall’inizio ci aspettavamo un film inferiore e invece no: The Look of Silence è una pellicola straordinaria, appena al di sotto di The Act of Killing un pò perchè tratta argomenti già affrontati nel precedente (il massacro di oppositori del regime – comunemente: “comunisti” ma anche intellettuali e liberi pensatori, o anche di chi si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato – in Indonesia degli anni ’60 ad opera di squadroni della morte col benestare dell’esercito al potere), un pò perchè manca la carica esplosiva di The Act of Killing, che infliggeva una punizione meta-cinematografica agli assassini facendo leva sul loro esibizionismo sadico. Ciò nonostante, vedere quell’opera dal punto di vista delle vittime è altrettanto impressionante, e forse ancora più emozionante: ecco, The Look of Silence guadagna in impatto emotivo quello che perde in elaborazione cerebrale. Molti di quelli che parlano già di Leone d’Oro al primo giorno di festival, probabilmente, non hanno mai visto The Act of Killing. Il nostro consiglio: nel caso in cui non l’aveste visto, recuperarlo assolutamente e poi approfondire con questo.

Stefano