David Fincher: Millenium-Uomini Che Odiano Le Donne

DAVID FINCHER

Millenium: Uomini Che Odiano Le Donne

(“The Girl With The Dragon Tatoo”, USA/UK/Ger/Svezia 2011, 158 min., col., thriller)

Ancora Millenium. Puro e semplice interesse a cavalcare, finchè si può, il fenomeno letterario del decennio? Forse sì. Uomini che odiano le donne è il remake americano tratto dal primo libro della serie Millenium di Stieg Larsson. Da quando la bomba è scoppiata (4 o 5 anni fa), con 27 milioni di copie vendute in oltre 40 paesi, sono spuntati giallisti svedesi come funghi; ed è un’ironia che lo spettacolare successo di Larsson sia arrivato puntualmente dopo l’infarto che lo ha stroncato nel 2004. Chissà se avrebbe apprezzato i molti imitatori letterari, cosiddetti rappresentanti del nuovo noir, fatto di pixel e connessioni a banda larga, o le ben due trasposizioni cinematografiche ispirate alla sua (unica) opera.

Io (ebbene sì lo ammetto) sono uno dei pochi a non avere letto la sua trilogia, e ho scoperto Millenium solo guardando l’originale versione svedese. La trama ormai la conoscono in molti. Michael Blomkvist, giornalista d’inchiesta della rivista Millenium, dopo essere stato incastrato da un famoso magnate e condannato per diffamazione, viene ingaggiato dall’industriale Vanger per venire a capo della scomparsa della nipote Hariett, avvenuta anni prima. Ad aiutarlo ci sarà Lisbeth, una tosta ragazza hacker che ce l’ha col mondo intero (e con ottimi motivi).

Senza nulla togliere al merito dei due attori protagonisti, molto calati nella parte (specie Noomi Rapace, fortissima), nè al fascino dell'”opera nazionale” di una pellicola al 100% svedese, la regia mi era sembrata piatta come in una fiction televisiva.

E così ecco il super-regista videoclipparo David Fincher chiamato per spremere fino in fondo la serie. Fincher è uno di quei registi che lascia una traccia forte di sè nei suoi film. Squadra che vince non si cambia: il cineasta si avvale come al solito del fedele direttore della fotografia Jeff Cronenweth, dallo stile inconfondibile e di cui sono profondo ammiratore (da Fight Club a Social Network); e dell’amico, oltre che collaboratore (ha diretto un videoclip insieme ai Nine Inch Nails) Trent Reznor, insieme ad Atticus Ross.

Il film inizia con dei titoli di testa in forma di fichissimo intro con un cattivissimo rifacimento di T.Reznor e A.Ross di “The Immigrant Song” dei Led Zeppelin. Vagamente in stile 007, ma più squisitamente malato e disturbante, questo intro cyber-punk mostra cavetti USB e apparecchi elettronici che acquisiscono sembianze organiche (infiammandosi o sbocciando come fiori) “fondendosi” nei corpi dei due protagonisti. Dopo un’inizio così, mi aspetto un film altrettanto feroce. Segue invece una lettura dell’opera originale senza particolari momenti entusiasmanti, se non nelle scene, alcune molto forti, che vedono protagonista Lisbeth (Rooney Mara, sensuale e vulnerabile, ma non ai livelli della Rapace), che in fondo è il vero cuore narrativo dell’intera trilogia. Si badi, tutto scorre senza sbavature, lo stile è quello pregevole e patinato di Fincher. Ma sorprendere per 158 minuti è proprio difficile (per farcela, o fai un film sfrenatamente coinvolgente, o assolutamente bello) e a mio parere qui non si riesce. Proprio verso la metà c’è una caduta di tono, inammissibile per un thriller. La pellicola riacquisisce spinta con l’incontro tra i due protagonisti, cioè quando si verifica l’intreccio tra le vicende parallele di Michael e Lisbeth. Spenta la suspence con la soluzione del caso, comincia una coda che si allunga a dismisura, facendo crollare a picco l’attenzione.

In ultima analisi, Millenium: Uomini Che Odiano Le Donne è una pellicola dignitosa, riconoscente orgogliosa delle sue origini (ambientato comunque in Svezia, nonostante la produzione USA), piena di dettagli e sorretta da una regia di ferro. Eppure il “già visto” rimane in agguato dall’inizio alla fine.

Stefano Uboldi

  • http://www.blogger.com/profile/09993226958393520486 Marco Goi (Cannibal Kid)

    assolutamente d’accordo..
    a breve anche la mia rece in cui il succo del discorso non sarà molto diverso.
    peccato, perché da david fincher mi attendevo molto di più

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