Mostra del Cinema di Venezia: 6 Settembre


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FUORI CONCORSO – Amir Nadiri: Monte (Italia)

Monte è un film di enorme potenza espressiva. All’inizio la pellicola è inquadrabile in un tempo, l’Alto Medioevo, e un luogo preciso, le montagne dell’Alto Adige. Col passare dei minuti però, il film di Nadiri (regista iraniano che ha deciso di girare in Italia) supera qualsiasi contesto storico, e si trasforma in materia arcaica, mitologica e filosofica. Un contadino vive con la famiglia sulle pendici di una montagna la cui ombra ostacola qualsiasi raccolto. Il territorio è inospitale, selvaggio: si pensa sia maledetto e chi ci abita viene creduto eretico. Altri contadini decidono di partire, ma la famiglia sceglie di restare; ridotti alla miseria estrema, l’uomo va a vendere utensili vari ma viene evitato come un appestato. L’uomo perde la ragione e decide di lottare contro la montagna con un martello. Forse il film pecca di una sceneggiatura scarna, ma l’aspetto teorico (l’uomo e la sua lotta contro la povertà, la fame, l’avversità – sè stesso) e visionario (il dialogo uomo-montagna) sono spiazzanti. Alcuni momenti ricordano addirittura la prima parte di 2001: Odissea Nello Spazio nel quale i personaggi si riducono a uno stato primitivo (una civiltà che evolve al contrario). I 30 minuti di epilogo rimangono forse i più memorabili di questa Mostra del Cinema.

 


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CONCORSO – Ana Lily Amirpour: The Bad Batch (USA)

Avevamo recuperato A Girl Walks… proprio in vista di questo nuovo lavoro della Amirpour. Questa volta si passa dai vampiri ai cannibali: il solito film distopico post-apocalittico che pare una brutta copia di Mad Max. Purtroppo anche The Bad Batch pecca degli stessi difetti del precedente. C’è un uso spropositato di ralenty, ogni scena deve essere cool, musica pompata anni ’80, i personaggi devono fare cose curiose e bizzarre…hipsterismo dirompente. I personaggi sono figurine bidimensionali. Gli avvenimenti sono ridicoli. Quello della Amirpour è, ancora, un cinema che vuol fare tendenza, ammiccante, pieno di trovate carine, ma fondamentalmente arido.

 


Photo by Jean-Paul Horré

GIORNATE DEGLI AUTORI – Ben Young: Hounds of Love (Australia)

In Australia negli anni ’80, una ragazza viene rapita e tenuta come prigioniera da una coppia di psicopatici. Per scappare, dovrà entrare nella mente dei suoi carcerieri e sfruttarne tensioni interne. Ben Young dimostra un sapiente uso della macchina da presa, soprattutto nel fuori fuoco. Il film è quindi ottimamente realizzato ma per il resto, non dice o mostra niente che si sia già visto.

 


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ORIZZONTI – Kei Ishikawa: Gukuroku / Traces of Sin (Giappone)

Il film giapponese della sezione Orizzonti è un’intricata indagine che attraversa vari generi senza appoggiarsi a nessuno in particolare. Il risultato è dunque qualcosa di imprevedibile. Un reporter si incarica di indagare sull’omicidio di una famiglia modello. Nel frattempo, la sorella è trattenuta in prigione per non essersi presa cura del figlio neonato, ora ridotto in fin di vita. Le due vicende proseguono parallele, ma progressivamente le indagini del reporter si avvicineranno alla propria vicenda personale. Il film rappresenta una critica verso l’egoismo di una certa fascia sociale giapponese, e di come certe azioni influiscono prepotentemente sulla vita degli altri. Ishikawa è da tenere d’occhio: la sua messa in scena razionale e tranquilla sviscera le numerose tematiche del suo film con piglio scrupoloso e paziente, senza facili colpi di scena. Il film, infatti, richiede una certa attenzione. Un esempio di equilibrio nipponico al cinema.

Stefano