Mostra del Cinema di Venezia: 2 Settembre

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FUORI CONCORSO – Charlie Siskel: American Anarchist (USA)

Si tratta di un documentario sullo scrittore del libro “The Anarchist Cookbook”, libro di ricette per aspiranti anarchici che illustra, con un linguaggio alla portata di tutti, come fabbricare bombe, trappole, armi, a come organizzare azioni di guerriglia e tanto altro. Il libro è stato trovato in possesso di molti autori di attentati, fra tutti i due responsabili dell massacro della Columbine School. L’idea di realizzare questo documentario è ottima e salta fuori nel momento giusto, considerando l’escalation di attentati con armi da fuoco in America e nel mondo. Peccato che il risultato sia di una sciatteria rara nel genere documentaristico. Invece che entrare nel merito storico e sociale che ha portato lo scrittore a realizzare il libro, il regista espone sadicamente lo scrittore alle terribili conseguenze della sua azione, godendo ad ogni minimo cenno di debolezza dello stesso. Invece di fare quel che è il suo mestiere, cioè aprire prospettive e indurre alla riflessione, Siskel si preoccupa solo di ottenere il massimo effetto emotivo. Pochi anni fa passò di qui Errol Morris con il suo The Unknown Known che mise sotto torchio Donald Rumsfeld, e poi Oppenheimer che mise davanti ai loro crimini gli assassini delle purghe indonesiane col suo The Look of Silence. In confronto, quello di Siskel sembra essere un malriuscito tentativo di imitazione.

 

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ORIZZONTI – Ronny Trocker: Die Einsiedler – The Eremits (Germania-Austria)

Die Einsiedler – The Eremits è un piccolo splendido film. Il regista, al suo primo lungometraggio, si chiama Ronny Trocker, nato a Bolzano nel 1978. In una comunità altoatesina. Il protagonista Albert vive con i genitori in una casetta isolata in montagna. Avendo sempre vissuto da solo, dimostra difficoltà a relazionarsi quando va a lavorare a valle, in una cava di marmo. Quando suo padre muore, sua madre lo seppellisce e tiene nascosto l’evento al figlio per evitare che lasci il lavoro per tornare a quella vita di durezza e solitudine. Il film è asciutto e naturale. Nonostante la natura documentaristica/contemplativa di quest’opera, non c’è momento di noia: i tempi sono calibratissimi, il montaggio è invisibile, gli ambienti chiusi (stalle, stanze) sono colti con tagli di inquadratura quasi pittorici. Il regista ha una mano discreta e predilige lunghe sequenze che rappresentano la quotidianità d’alta montagna. Vediamo le cose come da un buco della serratura. Non viene detto, semplicisticamente o didascalicamente, che la vita in quelle condizioni è migliore della vita “corrotta” a valle come potrebbe accadere in un altro film. Al contrario, al vita mostrata nel film è dura, solitaria, perfino mortifera: la pellicola è un crescendo di solitudine, e il tentativo della madre di tenere lontano il figlio è qualcosa che è allo stesso tempo duro e tenero: è struggente. La scoperta del mondo fuori dalla montagna di Albert è altrettanto commovente: l’uomo è adulto ma non avendo mai avuto relazioni scopre le cose come un bambino. Il matrimonio perfetto tra cinema contemplativo “duro e puro” con il cinema più accessibile rende questa pellicola un vero e proprio gioiello e un esempio ammirevole di compromesso artistico.

 

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ORIZZONTI – Peter Brosens e Jessica Woodworth: King of the Belgians (Belgio)

La superba vena critica e surreale del duo belga torna a Venezia quattro anni dopo La Quinta Stagione. Virando bruscamente sulla commedia satirica, King of the Belgians è assurdo fin dalle premesse. Il protagonista è il Re del Belgio, Nicola III, che durante una visita diplomatica in Turchia viene avvisato dal suo entourage che nel suo paese la Vallonia ha dichiarato l’indipendenza, costringendo il monarca ad un rientro anticipato per risolvere la situazione. Ma una tempesta solare annulla comunicazioni telefoniche e voli aeree: il Re dovrà attraversare come un anonimo qualunque i Balcani per tornare a casa. King of the Belgians è un film politico, un road movie che si prende sapientemente gioco delle spinte divisive di Belgio (valloni e fiamminghi) e dell’Unione Europea (stati del nord e stati del sud). Pecca forse per l’utilizzo esagerato della camera a mano necessaria a ricreare l’effetto di “reportage di guerra” dell’avventura, che vuole essere un Odissea moderna nelle contraddizioni del nostro continente.

 

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CONCORSO – Tom Ford: Nocturnal Animals (USA)

Erano alte le aspettative per la seconda pellicola di quello che è stato una delle più grandi sorprese del cinema americano degli ultimi anni: niente meno che lo stilista Tom Ford. Per adesso diciamo che le aspettative sono state rispettate: Nocturnal Animals è lungo e meraviglioso incubo. Un film crudo eppure raffinatissimo, la cui natura selvaggia sembra essere costantemente sotto controllo, un film che riesce a fare incontrare la moda e l’arte con la bieca violenza. Tom Ford sembra interessato a questa dualità, e applica coerentemente due registri stilistici e un gioco di parallelismi molto intrigante. Può darsi che Nocturnal Animals sia, soprattutto rispetto al memorabile esordio di A Single Man, un pò impersonale. Non è luogo e momento, il film deve essere lasciato crescere: sarà approfondito con una recensione dedicata in seguito.

Stefano