72 Mostra del Cinema di Venezia – 8 Settembre
CONCORSO – Marco Bellocchio: Sangue del mio Sangue (Italia)
“Bobbio è il mondo”. Il film di Bellocchio è senza dubbio il più difficile del concorso. Di certo il meno definibile, apertamente ed esplicitamente incompiuto, un’opera aperta a molte interpretazioni. Per impostare un discorso su questo film, bisogna innanzitutto rendersi conto che Sangue del mio Sangue è il risultato di due film che sono stati “legati” tra loro. Il primo è un cortometraggio girato dal regista nella sua città, ambientato nel ‘600. Terminate le riprese, Bellocchio ha deciso di ampliarlo innestando, per così dire, una seconda parte indipendente ambientata negli stessi luoghi ai giorni nostri. L’effetto di guardare un film con gli stessi attori che recitano rispettivamente due parti è a dir poco straniante. Sta allo spettatore allacciare i due film, trovare relazioni e rimandi tra le due parti, nelle quali il comune denominatore è sempre Bobbio, centro non solo geografico ma anche tematico del film; ammettiamo però che l’operazione è molto difficile, in quanto non c’è reale intreccio, a parte un imprevisto raccordo di montaggio nello splendido, incredibile finale. Da rivedere e approfondire. E’ un film davvero sovraccarico di informazioni, molto affascinante, ma indubbiamente respingente, tanto che gli spettatori sono usciti dalla sala sconvolti e senza punti di riferimento: per noi, un ottimo segnale.
CONCORSO – Charlie Kaufman, Duke Johnson: Anomalisa (USA)
Kaufman torna dopo 7 anni da Synecdoche, New York con un film d’animazione che rinnova il gusto dello sceneggiatore per i paradossi e le incomprensioni linguistiche e umane. Il film è ottimo per come rende certe atmosfere e situazioni tra il surreale e l’imbarazzante, tipiche del regista. Ma non aggiunge niente a ciò che Kaufman non abbia già scritto o diretto, anzi questo Anomalisa mi è sembrata proprio la sua opera più convenzionale, la meno libera e folle (sebbene l’abbia realizzato senza pressioni economiche o restrizioni di sorta), quindi la meno autentica, rispetto certo a Synecdoche, ma soprattutto rispetto alle sceneggiature dei film di Jonze o Gondry. Il film potrebbe far discutere per l’uso che il regista fa dell’animazione: mai lo stop motion è stato impiegato per rendere realistiche certe situazioni, soprattutto le scene di sesso. Eppure l’impressione dominante è che sia contenutisticamente, sia stilisticamente, non ci sia nessuna idea nuova.
ORIZZONTI – Lama Azavtani: Why Hast Thou Forsaken Me (Israele)
Senza ombra di dubbio il film più sgradevole del concorso, diretto da una giovane regista israeliana. Racconta la storia di un ragazzo arabo in Israele, perseguitato dai coetanei arabi perché figlio di un collaborazionista. Comincia a lavorare per una cucina dove impara ad affilare coltelli con un uomo, per il quale comincia a sviluppare un’attrazione erotica. Non ci sono praticamente dialoghi, i tempi sono smodatamente dilatati, anche dove non ce ne sarebbe bisogno, ed è ripetitivo fino all’esaurimento. Fotografia livida e deprimente, e un sonoro opprimente di macchinari da cucina che non lascia margine di tolleranza allo spettatore. Il ragazzo imparerà ad utilizzare il coltello affilato in modo singolare: l’autoevirazione. Mi fermo qui.
FUORI CONCORSO – Noah Baumbach, Jake Paltrow: De Palma (USA)
Nelle parole del grande regista oltre 40 anni di cinema del più grande discepolo di Hitchcock, un genio vero e indiscutibile della macchina da presa. Noah Baumbach sta dietro alla macchina da presa e non aggiunge niente: il film è effettivamente un intervista di aneddoti e curiosità, non molto elaborata, anzi piuttosto frettolosa (specie per quanto riguarda i film più recenti del regista). Ma quel che si dice, quel che si vede e si ripercorre in questo film, rinnova l’amore per il cinema. Provare per credere.
Stefano