Mostra del Cinema di Venezia: 3 Settembre

CONCORSO – Roy Andersson: A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence

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Un piccione in una teca su un ramo. Così inizia l’ultima fatica “grigia” del regista svedese Roy Andersson. La fissità dell’animale impagliato preannuncia una sua già rodata caratteristica: piani sequenza statici. Ogni sequenza corrisponde a una storiella, un frammento di assurda quotidianità con personaggi altrettanto improbabili. Lo humor è quello nordico e si assiste a un susseguirsi di messe in scene improbabili, sempre imprevedibili e di rara intensità. Lo spazio si riempie e ogni personaggio compie un gesto, un’azione o esclama qualche cosa. Lo spettatore si diverte, come in quadro di Brugel, a trovare i personaggi o a riconoscerli: “Ah quello! L’abbiamo già visto prima”. Forse troppo lungo, forse troppo lento, ma la sequenza onirica nel finale vale l’intero lavoro di Roy Andersson.

Mattia

 

SETTIMANA DELLA CRITICA – Timm Kroger: Zerrumpelt Herz (The Council of Birds)

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La luce penetra fra i rami, fra l’umidità del bosco e riflette sul muschio. Il fotografo cattura questi istanti con la macchina da presa. Solo per questo Zerrumpelt Herz è già un gran film. Se si aggiunge il fatto che si tratta di un’opera prima, allora si può anche abbassare il cappello di fronte al lavoro del giovane Timm Kroger. Lasciarsi stare in questo bosco con i protagonisti è un riguardare, in salsa tedesca prima del nazismo, una variazione sul tema del lavoro di Peter Weir Picnic a Hanging Rock. Il fascino della natura, invincibile e misteriosa, avvolge alcuni amici alla ricerca del loro amico compositore. Uccelli e melodie umane saranno due facce diverse di una medesima medaglia.

Mattia

 

ORIZZONTI – Hong Sang-Soo: Jayueui Onduk (Hill of Freedom)

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Hong Sang-Soo continua a sfornare pellicole a ritmo industriale senza perdere il tono leggero e la curiosità che lo distinguono. Lo conferma quest’ultimo Hill of Freedom, che si riallaccia all’interessante In Another Country tanto per creatività, a supporto ancora una volta della ricerca narrativa, tanto per lo spirito, ancora una volta gentile e intelligente. Infatti per quanto naif (anche per durata: appena 66 minuti), la pellicola è brillante e articolata, proprio come il Realitè di Dupieux anch’esso presentato in sezione Orizzonti; sono, queste due pellicole, esempi perfetti di questa sezione che si propone di esplorare nuovi linguaggi cinematografici (ma che accoglie spesso film che con questa intenzione con c’entrano nulla, si legga dopo di Cymbeline). Un ragazzo giapponese compie un viaggio a Seul per cercare una vecchia fiamma. Non trovandola, passa i suoi giorni senza far nulla a parte conoscere alcuni ospiti dell’ostello e leggere un libro incentrato sul concetto di tempo inteso non come un’entità assoluta, ma come proiezione della mente. Il ragazzo quindi invia alla donna una lunga lettera che descrive la sua permanenza. Ma la lettera è scritta su diversi fogli ordinati senza un’ordine logico. Il film si costituisce quindi come l’applicazione del concetto espresso nel libro, per cui passato, presente e futuro vengono cancellati; di conseguenza lo sviluppo narrativo segue l’ordine imposto da chi legge la storia (la ragazza destinataria) senza seguire alcuna disposizione cronologica o lineare. Niente di nuovo, l’espediente narrativo a collage è già stato intrapreso altrove, ma Hong Sang-Soo riesce come suo solito a non far pesare nulla lasciando allo spettatore il piacere di ricostruire e, soprattutto, ragionare: ecco, finalmente un film che fa ragionare e che non dobbiamo “subire” passivamente, come la stragrande maggioranza di quelli qui proposti (come ad esempio, Nobi).

Stefano

 

CONCORSO – Kaan Mujdeci: Sivas

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Opera prima di finzione per il turco Kaan Mujdeci che ripropone una variazione sul tema del classico rapporto fra bambino e animale, visto e rivisto più volte in sala. Se Lessie era un buon compagno di avventure, Sivas è un cane da combattimento. Se dapprima il ragazzo, ottima comunque la sua interpretazione, lo coccola come se fosse un orsacchiotto, poco dopo cede alla famiglia e non esita a portarlo nei vari ring clandestini. Il tutto fila liscio, ma sinceramente non ha smosso le nostre emozioni.

Mattia

 

 

ORIZZONTI – Michael Almereyda: Cymbeline

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Fischi e buuu a iosa per questo film che non se li merita: Cymbeline è un film, in fondo, innocuo e con un certo, bizzarro, senso dell’umorismo che probabilmente non è arrivato a coloro che, in sala, hanno cominciato a muggire. Si tratta di una trasposizione moderna dell’opera teatrale Cimbelino di Shakespeare che narrava il conflitto tra britanni e romani, e che nel film vede il conflitto tra un gruppo di motociclisti e la polizia. Il testo è quello originale di Shakespeare ed è intonato da un cast di attori famosi (Ed Harris, Ehan Hawke, Milla Jovovic). Il regista, forse consapevole del potenziale di repulsione da parte del pubblico per un’operazione così strampalata, ha pensato bene di calcare la mano sulla grossolanità e sull’autoironia, portando alcune sequenze al limite sopportabile dell’imbarazzante. Molto, quindi, dipende dall’umore con cui si affronta questa pellicola, che non andrebbe presa troppo sul serio ma per come è stata concepita: uno scherzo inoffensivo.

Stefano