Abdellatif Kechiche: La Vita di Adele

ABDELLATIF KECHICHE

La Vita di Adele

(La Vie d’Adèle, Fra 2013, 179 min., col., drammatico)

Parole a caso, bazzicando in rete:

Cinema di Vita, tranche de vie, cinema che cattura l’Attimo, capolavoro assoluto, opera d’arte totale, cinema dilagante di Vero, struggente, bellissimo, cattura il respiro (nello schermo), toglie il fiato (fuori dallo schermo), mai il cinema si è avvicinato tanto alla realtà.

Ook però adesso rallentiamo. Ci sono diversi modi di affrontare un film come La Vita di Adele.

 Buttarsi a capofitto 

Il primo modo è di buttarcisi sopra a capofitto, di provare a riferire ciò che si è provato, e ciò che si può aver provato può essere fascino, trasporto, emozione, rabbia, pianto, eccitazione, indignazione, repulsione, tristezza, malinconia; è carne che vediamo qui, carne a pochi centimetri dall’obiettivo di Kechiche, c’è la sua macchina da presa che sfiora i corpi, che indugia sulla pelle levigata delle protagoniste; e dopo averlo visto mentirei se dicessi di riflettere, ora, sull’estetica, sulla scrittura, sull’idea, perchè è difficile pensare a qualcosa che non sia concreto dopo aver visto La Vita di Adele, film di 3 ore, 3 ore di primissimi piani appiccicati ad epidermidi, occhi, capelli; un film che sembra nutrirsi davvero di espressioni del viso, che vibra ad ogni contrazione muscolare, ed ecco quindi spiegato chi parla di Vita che scorre nello schermo. Cinema “più vero del vero”, che rappresenta la vita anche negli aspetti meno rispettabili, perchè la vita è così. Le ormai celebri, esplicite scene di sesso, onestamente non mi hanno disturbato (siamo solo abituati a non vedere, e non ci trovo nulla di maniacale nello sguardo di Kechiche) e rilancerei pure dicendo che anche la lunga durata degli amplessi, insistiti fino alla saturazione, è legittima perchè imprescindibile nella rappresentazione del percorso di Adele; il sesso è il mezzo prediletto dal regista per scavare nella sua personalità, non una mera provocazione (e sulla tematica gay non ci dilungheremo affatto, in quanto l’amore è qui davvero rappresentato “universalmente”, anche se con codici chiaramente omosessuali). Il cibo è l’altro mezzo a disposizione: Adele è vorace di sesso come di cibo, e si vede da come mangia gli spaghetti (mangiare è una delle principali reiterazioni del film; il piatto di “casa” è ciò che la lega al passato) o il cioccolato (usato come antidolorifico); anche qui c’è un aspetto meno appariscente del sesso ma che nella sua rappresentazione così “eccessiva” è quasi complementare: quando mangia Adele mastica a bocca aperta e Kechiche non ci risparmia neppure il bolo alimentare.

Oltre la pelle

Come facilmente intuibile da questi aspetti, La Vita di Adele rappresenta la summa dei temi preferiti da Kechiche: scuola (La Schivata), cibo (Cous Cous) e corpo (Venere Nera). E’ forse il massimo esempio (per mia esperienza almeno) di un cinema che si realizza non per mezzo del profilmico ma che nel profilmico trova la sua estetica e anche la sua stessa ragion d’essere. Questo primo modo di affrontare la pellicola, a “pelle” e “di pancia” (che sono, ricordo, gli organi della pellicola) è quello che il regista vorrebbe che imboccassimo e così facendo è molto facile che il giudizio sulla Palma d’Oro di quest’anno non possa che essere uno: Capolavoro. Che scorre come un fiume impetuoso, impossibile da arginare, nel quale perdersi, forse affogare (Adele balla ad una festa sulla musica di I Follow Rivers). Il film è straordinario nella sua capacità di raccontare una vita, attraverso solo una manciata di anni, ma decisivi, che vanno dall’ultimo anno di scuole superiori ai primi anni di lavoro. La grande qualità di Kechiche è che riesce a cogliere un numero incalcolabile di aspetti attraverso dettagli, allusioni, espressioni e battute. C’è una episodio, in cui le due ragazze sono sdraiate in un prato, in cui non succede niente e succede tutto: tra loro e intorno a loro. Un sospiro, il vento, una foglia, le labbra, lo sguardo: questi i mattoni della cinema di Kechiche, che “si fa” vita.

Un film “infernale”

Ma, seppur bella e coerente con l’essenza del film, che valore avrebbe un analisi così personale? E’ possibile indagare un cinema così istintivo con freddezza? E’ possibile e secondo noi doveroso; perchè il secondo modo per affrontare La Vita Di Adele è di prenderlo con le pinze. E se affrontato in questo modo, mi risulta difficile sigillarlo con la ceralacca del capolavoro. Come si sarà capito da ciò che è scritto sopra, consideriamo La Vita di Adele un grande film. Comunque e da qualsiasi parte lo si guardi, è di un imponenza monumentale, specie di regia e recitazione (sulla scrittura ho qualche riserva: si tratta pur sempre “solo” di un film d’amore); anche se, a ben vedere, c’è un bel distacco tra l’interpretazione a dir poco perfetta di Adele e quella più accademica della Seydoux. Ma riflettiamo sulla lavorazione del film per poi aggiungere qualcosa di nostro: Pare che durante la lavorazione Kechiche abbia imposto ai suoi collaboratori un impegno estremo al fine di ottenere più materiale possibile, e che parte del personale si sia ritirato perchè incapace di sostenere i ritmi infernali del regista; le stesse protagoniste, alla fine dei lavori, hanno definito la loro esperienza come “orribile” al punto da rifiutarsi di recitare ancora per il regista in futuro. Curioso, quindi, come la celebrata naturalezza del film (che fa in questi giorni scomodare critici e giornalisti con paroloni come Verità e Realtà) sia stata distillata con uno sforzo del genere. Si percepisce, permettetemi, un urgenza eccessiva di dire tutto.

Uno sguardo lucido…oppure no?

E’ quindi vera naturalezza quella che vediamo? O forse la ricerca di troppa naturalezza finisce per ottenere l’effetto opposto, con un realismo tanto ostentato da risultare, infine, costruito? Non sono comunque finzione i corpi nudi avvinghiati di Adele ed Emma? Quanto c’è di vero e soprattutto questa la domanda chiave: Quanto ci importa che ci debba essere di vero in un film? Rispondo anche, credo, per conto di Mattia: da poco a nulla. Se quindi, durante la visione, La Vita di Adele è evidentemente un grande film, sicuramente uno dei migliori di questa stagione cinematografica, cos’è dopo la visione? Che cosa ci ha lasciato, oltre che una storia d’amore perfettamente girata e interpretata? Sarò miope, ma non vedo altre aperture oltre al famoso “scavo psicologico incredibile ecc.ecc.” che non siano descrizioni dei modi d’essere dei francesi di oggi. Potremmo non aver ragione, ma preferiamo di solito il film che mostra di meno e dice di più; sembra invece che Kechiche si realizzi soltanto quando assedia le ragazze nell’intimo (cosa che comunque non è da poco: Ma non è tutto), a discapito di uno scarso approfondimento su ciò che le circonda; un focus così ben concentrato sulle protagoniste da far dimenticare tutto il resto.

Stefano Uboldi
  • http://www.blogger.com/profile/14934185582461522168 A.V.

    Concordo praticamente su tutto. Bisogna precisare però che, benché non sia così evidente, grazie alla storia d’amore vengono affrontati anche altri temi: il valore dell’educazione e le differenze sociali. Aspetti che cadono però in secondo piano soffocati da una narrazione completamente incentrata sulla “bellezza” della protagonista.

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    Si non nego che altri temi ci sono; e che sono determinanti per lo sviluppo (ma è davvero la differenza sociale a dividerle? o è altro?); ma come dici, sono in ombra rispetto al tema centrale (bellissimo, ma già visto) e non mi perseguitano “dopo” il film; per me non è un buon segno, ma è solo la mia opinione.

  • http://www.blogger.com/profile/13526718142537678826 Kelvin

    Ti ho risposto dalle mie parti… :)
    In ogni caso sulla ‘naturalezza’ mi trovi assolutamente d’accordo: basta leggere una qualsiasi intervista alle due protagoniste per capire quanto erano ‘naturali’ sul set… :)

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    Per me la “sincerità” e la “naturalezza” non sono essenziali in un film. O almeno, non è condizione sufficiente (e nemmeno necessaria, oserei dire) per fare di un ottimo prodotto un Capolavoro (che poi, basta questa maledetta parola..aboliamola!). E’ un film. E’ finzione. E che cavolo.

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    O almeno, “sincero” deve essere l’idea, e l’intento di un film, ma non per forza quel che mostra, o come viene mostrato.

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    Certo non sono essenziali, per carità. Pensa questo film senza quelle due componenti, sarebbe inguardabile!

  • http://www.blogger.com/profile/01505840319808672920 Lisa Costa

    Come già sai per me è stato abbastanza impossibile non ragionare del film con il cuore viste le emozioni che mi ha dato! Al di là della questione di naturalezza, magari non presente sul set ma di cui sembra assolutamente palpabile la presenza, Adele mi ha conquistato in tutto e per tutto, anche con il reparto tecnico e forse proprio per quell’insistere solo ed esclusivamente sulla sua protagonista!
    p.s.: spesso abbiamo usato le stesse espressioni, anche se con accezioni un po’ diverse, potrei preoccuparmi :)

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    Ma si è chiaro: tu hai detto “è bellissimo E PUNTO”, io “è bellissimo MA…” L’intransigenza di Lisa al suo meglio! :)))

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    In merito alla “naturalezza”, vorrei precisare una cosa. Nella mia recensione non volevo dire che il film è naturale al 100% (tipo cinepresa nascosta), piuttosto che la finzione è vicinissima alla realtà da farla sembrare vera. E’ quindi evidente che la scena di sesso è chiaramente finta, ma talmente ispirata al reale da farla sembrare tale e sincera. Tutto qui… :)

  • http://www.blogger.com/profile/01505840319808672920 Lisa Costa

    Con i miei occhi a cuoricino non sono riuscita a trovare difetti, che ci posso fare :)

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