Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia: 4 settembre 2012. Apres Mai, Pieta, Linhas De Wellington

Assayas santo subito. Kim Ki Duk santo forse. Valeria Sarmiento…

Olivier Assayas: Apres Mai (Francia)

In passato ho già manifestato la mia ammirazione per il regista francese. Con questo ultimo lavoro, posso tranquillamente elevarlo a miglior regista francese dei nostri anni (insieme a Dumont ed Ozon, a pari merito). Aggiungo che questo è il miglior film, in assoluto, che ho visto sull’argomento contestazione sessantottina. Mi spiego. In quarant’anni si è provato in tutti i modi a raccontarlo, finendo quasi sempre nello schematismo e nella pedagogia; ce ne volevano proprio 40 (il film è ambientato nel 1972) per rendere giustizia a un periodo così complesso, con una intelligenza, una delicatezza quasi commovente. Altro film che vale la pena di approfondire con qualche riga in più, a presto. Per adesso dico solo una cosa: è bello da spezzare il cuore.

Kim Ki Duk: Pieta (Corea del Sud)

E’ stato considerato il vero ritorno dell’adoratissimo (dai Festival, soprattutto) regista coreano. Parla di uno spietato ragazzo al servizio di un usuraio che, incontrata una donna che dichiara essere la madre che lo ha abbandonato, sembrerà cambiare ma…non è come sembra e c’è una vendetta di mezzo. Film forte e violento più di quanto ci abbia abituato il cineasta, che si avvale del ritmo saldo e del fascino delle immagini (qui ponderatamente simboliche) che da sempre lo contraddistingue. Qui una storia potente e provocatoria, “terrena” comunque, evolve in elevazione spirituale e sacra. I riferimenti al cattolicesimo coreano sono sprecati, l’ambizione è altissima. Si esce dalla sala soddisfatti di avere assistito ad uno spettacolo di alta qualità, pur avendo capito tutto (le metafore inserite nel film sono anche troppo chiare). La sensazione, dunque, è quella di una rassicurante fiducia in sè stessi (il contrario di The Master, che disorienta e fa sentire “stupidi”) per il semplice fatto di essere riusciti a decifrare il film. Sarà per questo che le ultime voci lo danno come (nuovo) potenziale vincitore del Leone. Speriamo di no.

Valeria Sarmiento: Linhas De Wellington (Portogallo)

Valeria Sarmiento è stata la moglie di uno dei più grandi nomi del cinema portoghese (ed europeo), Raul Ruiz. Negli ultimi mesi della sua vita stava lavorando ad un film sull’invasione napoleonica in Portogallo del 1810. Dopo la morte del regista avvenuta lo scorso anno, la moglie e montatrice ha terminato la sua opera, e con l’aiuto di un cast internazionale (Michel Piccoli, John Malkovich, Catherine Deneuve) il risultato è un kolossal di due ore e mezza come non se ne vedono da decenni. Napoleone attacca il Portogallo, alleato dell’Inghilterra. Il generale Wellington costruisce linee di difesa attorno a Lisbona, ordinando all’esercito portoghese di arretrare e ai civili di abbandonare case e distruggere raccolti, in modo da tagliare rifornimenti ai francesi in avanzata. In questo quadro storico definito con maniacale precisione, la gente vive e subisce la guerra. La grande, epica pellicola è costruita quindi come un mosaico fatto di pezzi minuscoli, centinaia di comparse sono lo sfondo di un affresco fatto di personaggi diversissimi fra loro, ognuno con la propria storia/avventura, dagli affamati ai soldati disertori, dai preti “combattenti” ai generali vanitosi, dalle ragazze in cerca di un buon partito ai proprietari terrieri che sacrificano i loro averi per respingere il nemico. La mescolanza di generi è totale, dal dramma allo storico/militare alla commedia all’avventura ce n’è per tutti. Un film che è un atto d’amore di una moglie per il marito scomparso, per il cinema, soprattutto quello portoghese, non ancora abbastanza riconosciuto.

Stefano Uboldi