Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia: 30 Agosto 2012

Primo giorno al Lido: mezza giornata solo per capire il funzionamento di accrediti e prenotazioni. Ma due film si sono riusciti a vedere, e quale modo migliore per cominciare la mostra se non con un macigno russo? Seguito dal primo film della rassegna “giornate degli autori”.

Kirill Sebrennikov: Izmena (Russia)

Tradimento, destino e morte sono i pilastri portanti della pellicola del regista russo, che mette in scena la storia di un uomo e di una donna cui i rispettivi consorti sono uno l’amante dell’altra. Improvvisamente, gli amanti precipitano dalla finestra della camera d’albergo dove avvenivano gli incontri. E’ stato un incidente o un omicidio? I primi minuti suggerirebbero che si tratta solo di un melodramma ben girato; e lo sarebbe (lo stesso regista ha dichiarato di avere ideato una “tragedia sublime”), in virtù del formalismo estetico che caratterizza l’opera, colma di molteplici guizzi di genio. La vera sorpresa però è frutto della protagonista, Francesca Petri (in un ruolo gelido, alieno) che metabolizza l’intera vicenda sostituendo l’amore (venuto a mancare tanto con il tradimento quanto con la “dipartita” del marito) con la morte. Da medico, arriva ad augurare la morte ad una sua paziente (“è la cosa migliore che ti possa capitare”) provando autentico piacere nella degradazione (terra del giardino, peli del bagno e non specifico oltre) o nella paura (si diverte nella tempesta, mentre tutti corrono ai ripari); e contagerà, come la Morte stessa, chiunque le sta attorno. Regia e interpretazioni eccezionali riescono a perdonare una sceneggiatura che più fredda non si può. E freddo è stato il pubblico, che ha applaudito un pò per inerzia, senza troppa convinzione insomma, il regista e il cast presenti in sala.

Sarah Polley: Stories We Tell (Canada)

Attrice e regista alla sua seconda prova, Sarah Polley ha inaugurato la sezione “Giornate degli Autori” tra gli applausi di chi la conosce (non ero tra questi) e di chi la stima, primo fra tutti il direttore della rassegna che le ha praticamente confessato il suo amore incondizionato in sala. Si tratta di un documentario “sperimentale”. Viene messa in scena la storia dell’autrice e della sua famiglia, con tanto di interviste e indagini scientifiche (atte a verificare una scoperta sconvolgente che non specificherò), miste a filmati di famiglia veri e “fittizi”, nel senso che sono stati girati dalla regista con attori che interpretano altri attori ecc (contorto, ma è così) tanto da sembrare veri. E notevole è stato il direttore della fotografia (donna anche lei, pardon) a far sembrare vecchi e cosumati filmati nuovissimi alimentando ancora di più l’illusione. Perchè di illusione si tratta: un intera storia familiare è ricostruita mescolando racconti di una stessa storia, attraverso una serie di opinioni discordanti che generano una verità, ma la verità di chi? Si gioca a confondere lo spettatore senza riserve. Tutt’altro che intellettualistica come può sembrare, la pellicola è invece una profonda, ma divertita e divertente, riflessione sulla narrazione che mi ha convinto e conquistato fino alla fine.

Stefano Uboldi