Steve Mcqueen: Shame

STEVE MCQUEEN

Shame

(UK 2011, 101 min., col., drammatico)

Che cosa dire di nuovo su questo film su cui sembra si sia detto tutto, e che ha diviso così nettamente la critica? Dal primo impatto avuto alla sua presentazione a Venezia, ci si è sbizzarriti sul divieto ai minori, sulle frequenti ed esplicite scene di sesso, sulla “vergogna” in definitivo, cui sistematicamente costringe lo spettatore. La mia posizione è vicina a chi lo definisce un film eccezionale. Eccezionale per il coraggio e l’efferatezza con cui ha urtato la sensibilità del pubblico benpensante (che lo ha senza misure fischiato e poi strombazzato come porno d’Autore).

Ma a noi tutto questo non interessa. La verità è che Shame è un bel film.

Primo punto, Shame è di una potenza devastante. La tortura auto-inflitta di Brandon, il protagonista sesso-dipendente, è tutta interiore, ed emerge con un gesto compulsivo: lo sfogo fisico (che sia sesso occasionale, pornografia, masturbazione). In una New York spettrale, tra lounge-bar e strip-club, il protagonista compie il suo percorso autodistruttivo con un sesso che non appaga mai e consuma soltanto; che non procura piacere ma solo…vergogna appunto. Ogni stimolo di speranza per una vita “normale”, alimentato magari dall’arrivo della sorella Sissy, (una splendida, fragile Carey Mulligan), fallisce per consentire a Brandon di perpetuare un vuoto riempibile col solo contatto fisico. L’assenza di amore, anche della più semplice forma di affezione, spinge Brandon alla ricerca di una soddisfazione che è inappagabile.

Gli ultimi 20 minuti di film, i più “duri” (succede di tutto, lasciamo immaginare), sono il capolavoro assoluto dell’intera pellicola. Brandon, senza vergogna, prova a placare la sua sete “una volta per tutte”. Smette di essere uomo diventando un corpo-macchina senza sentimenti. E’ l’equivalente sessuale di una overdose da eroina. Fassbender qui “trasfigura” completamente. Il suo stesso volto sembra cambiare. Depersonalizzazione di sè allo stato puro. Solitudine e disperazione.

Secondo punto, Shame è tecnicamente perfetto. La simmetria con cui si apre e si chiude, sulla metropolitana di New York. Quella scena con lo sguardo fisso del protagonista sulla stessa ragazza, uno sguardo così diverso ai due estremi del film. Note maestose e dolenti accompagnano i vagabondaggi senza meta di Brandon, conferendo a momenti in cui (apparentemente!) non accade nulla un’aura di epicità. E’ un film che si regge sulle singole scene, una più magnifica dell’altra (difficile elencarle tutte, dalla canzone New York, New York al piano-sequenza della corsa notturna). Steve Mcqueen dimostra con questo film “malato” (ma è solo il suo secondo lavoro!) la sua insindacabile capacità registica. E poi questo Michael Fassbender dal talento straordinario, anche se già lo sapevamo; ma qui sembra che il film stesso sia “avvolto” attorno alla sua bravura.

Film di impatto emotivo e visivo sconvolgente, chi l’ha visto non lo dimentica, volente o nolente. Eppure è passato completamente inosservato agli Academy. Il che è tutto dire.

Stefano Uboldi

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    Sono in attesa d vederlo!

  • http://www.blogger.com/profile/18343705651499343502 newmoon35

    L’ho visto. Ti confesso che mi ha lasciata tutto sommato abbastanza perplessa, è freddo, freddissimo, gelido. Però hai ragione, non si dimentica, Ed i due interpreti sono strepitosi. Ne parlerò prossimamente anche dalle mie parti.

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