2011: Annus Mirabilis per il cinema

Questo 2011 si sta rivelando essere un anno babilonico per la settima arte. Le ultime edizioni dei più importanti festival cinematografici, specie Cannes (maggio), Venezia (agosto) e New York (ottobre), sono state giudicate le migliori degli ultimi dieci anni da mezza critica mondiale.

Autori nuovi come Nicolas Winding Refn si impongono sulle scene con un cinema ferocemente innovativo (Drive); autori che da anni non producevano niente di autenticamente interessante, come Woody Allen, hanno ritrovato linfa vitale (Midnight In Paris). Alexander Sokurov vince a Venezia con un film (Faust) che, a detta di alcuni, è paragonabile a un dipinto in movimento. The Turin Horse di Bela Tarr e Le Havre di Aki Kaurismaki, premiati al festival di New York appena terminato, sono giudicati tra i più innovativi degli ultimi anni, due facce opposte del nuovo cinema, essendo rispettivamente uno estremamente sperimentale e l’altro di un classicismo addirittura “chapliniano”.

Hollywood si dimostra disinteressata a questa flessione positiva continuando a spingere imperterrita nella produzione di ritrite commedie sentimentali, filmacci ispirati da super-eroi e sciocchezze simili, in un continuo ripescaggio nostalgico del (peggior) passato (Conan, Dirty Dancing ecc.), un’industria della distrazione in questa epoca di crisi che però raschia il fondo senza vergogna.

Il meglio arriva però dalla straordinaria fusione tra l’opera commerciale/ad alto budget e il cinema sperimentale. Terrence Malick ha rappresentato l’origine del mondo (The Tree Of Life) e Lars Von Trier (Melancholia) la sua fine. La tendenza del cinema alternativo a imporre la semplicità a tutti i costi è stata rimpiazzata da “kolossal” grandiosi tanto per forma quanto per contenuto. E’ l’anti-dogma per eccellenza.

Stefano Uboldi