Abdellatif Kechiche: La vie d’Adèle (seconda recensione)


La vie d’Adèle

(Francia 2013, 179 min., col., drammatico)

Il regista Kechiche pare abbia scelto Adèle Exarchopoulos dopo averla vista ingerire una crostatina al limone. Più che un film erotico, si è di fronte a un film sulla golosità legato inevitabilmente alla sua trama, ossia alla nascita e all’apologia di un amore fra una liceale alle prime armi (Adèle Exarchopoulos) e un’artista dell’accademia di belle arti (Léa Seydoux).

Questa recensione si aggiunge a quella del mio collega Stefano il quale, pur apprezzando la pellicola di Abdellatif Kechiche, ha sollevato numerosi dubbi, posto molteplici questioni in attesa di risposte. Il mio scritto, allora, è un tentativo di risposta, sotto forma di nuova recensione e di analisi delle sequenze, ai suoi punti di domanda.

Pur non essendo il mio genere cinematografico, devo confessare che La vie d’Adèle mi ha sconvolto e penso abbia scombinato tutti nel bene e nel male. I primi venti minuti sono stati terribili, non riuscivo a scorgere altro che un film su una liceale con dubbi esistenziali. Tre ore così, io non avrei retto. Poi Adèle incontra Emma e tutto cambia. La macchina da presa si avvicina ai personaggi e raggiunge i loro volti. La scena chiave della svolta? Adèle che entra nel bar lesbico. Questo piano sequenza e il successivo campo e controcampo dei protagonisti hanno cambiato il mio sguardo, la maniera di pormi di fronte a questo capolavoro. Mi sono aperto senza pregiudizi alla Vita proposta da Kechiche, ricca di sincerità e, allo stesso tempo, di apparenza estetica.

Estetica e non solo contenuto

Dopo aver visto La vie d’Adèle cosa ci rimane? È corretto porsi questa domanda e non trovare una risposta al di là di una semplice storia d’amore. Sono però sequenze come quella del bar o del primo bacio di Emma sulla guancia di Adèle o, ancora, quella dell’inaugurazione della mostra di Emma, del compleanno di Adèle e del mare a darci delle risposte estetiche.

Quando Adèle entra nel bar inizialmente, la vediamo avanzare diffidente, dando le spalle alla macchina da presa a testimonianza di una sua insicurezza che è anche quella dello spettatore (sulla bravura di Kechiche nel farci identificare in Adèle, volente o nolente, bisognerebbe scrivere un articolo a parte). Poi tutto si trasforma e una fotografia giallastra ci inserisce nel locale. Questa volta la protagonista avanza verso la cinepresa in un corridoio centrale: alla sua destra il bancone e alla sua sinistra i tavoli e una prima parete. Le altre ragazze la guardano, la studiano e la mangiano con gli occhi. Lei è sperduta, sposta i capelli (un gesto che ripete indeterminatamente) e ha la bocca socchiusa (come sempre), quanto è necessario per scorgere anche la parte inferiore dei suoi incisivi. Senza trucco, naturale al cento per cento, per lo più spettinata, non magra, non grassa e con le labbra piene: è la massima espressione dell’erotismo rustico degli ultimi anni. Le ragazze del locale lo sanno e la sbranano con gli occhi. Si siede al bancone e ordina da bere. Dal secondo piano, Emma osserva Adèle e, in pochi istanti, si siede al suo fianco e ordina del latte e fragola. Magistralmente Kechiche rompe l’ordine narrativo associando una bevanda infantile alla più adulta del gruppo, Emma, e lascia che la più giovane e inesperta sorseggi una bevanda alcolica: massima espressione del contrasto.

Questa sequenza, così come le altre precedentemente citate, è immensa perché è allo stesso tempo estetica e ricca di quotidianità vitale. Quando guardo La vie d’Adèle non vedo solo un film d’amore, “reale” e via dicendo, ma anche un film che mette in mostra l’amore stuzzicando tutte le categorie estetiche.

Realtà o finzione

Detto ciò, e qui si arriva alla “bocca” e al “sesso”, qual è il progetto di Kechiche? Avvicinare all’infinito, senza mai farli sovrapporre, la finzione e la realtà, ossia il vero tema della pellicola. Si prenda la scena di sesso, la seconda in particolare nella quale Adèle ed Emma gioiscono al contatto dei loro sessi. Stanno recitando oppure no? È ancora prova d’attore o vita reale? Tutte e due. Le due ragazze provano effettivamente piacere (e noi con loro per identificazione), lo vivono interpretando i personaggi di Adèle e Léa. Si prendano in considerazione, inoltre, le sequenze dei pianti di Adèle. L’attrice piange davvero in quella maniera, col moccio che cola dal naso e che sfiora le labbra. Kechiche non ha fatto altro che riprenderlo (bisogna tenere presente che il regista faceva un solo “ciak” e lasciava andare la macchina da presa catturando così numerosi istanti non previsti) e mostrarlo allo spettatore. La ragazza ha pianto realmente, pur sapendo di essere su un set cinematografico. Si prendano infine le scene del cibo. Adèle ha potuto mangiare in quella maniera istintiva perché è stata se stessa di fronte alla cinepresa, lasciandosi andare a una “recitazione naturale”.

In numerose interviste, il regista spiega il lavoro effettuato sugli attori (e che ha estenuato Léa Seydoux): fare in modo che essi non si accorgano più di essere ripresi dalla cinepresa. Risultato? Una magnifica prova d’attore, l’espressione della “sincerità”. Kechiche toglie, toglie e ancora toglie l’artifizio per lasciare liberi i suoi attori di essere loro stessi. Questo significa, però, rendere la pellicola reale? Giammai. Anzi, è proprio il contrario. Le attrici arrivano a un punto infinitamente vicino fra finzione e realtà, senza mai spingersi al di là di uno di questi poli. Adèle dimenticava di essere ripresa pur sapendo di essere attrice e di avere una troupe di fronte a lei durante la scena di sesso, durante le sue crisi emotive o le sue scorpacciate mostrate in primo piano. Kechiche sostiene che è forse riuscito a trovare l’anima dell’attore.

Morale?

Perché danno fastidio queste scene di “recitazione infinitamente vicina al reale”? Perché è quanto si è ottenuto di più vicino alla nostra quotidianità privata, mostrandola allo stesso tempo ad altri. È l’individuo nel suo essere istintivo mostrato ad altri; è quel lato dell’individuo che non è mostrato, ma solo detto, nella società; è il pudore personale ma universale, disvelato all’altro. Tutti in quella sala hanno provato piacere a vedere quelle scene, ma tutti sono stati colpiti nel proprio io. La persona che è fuggita dalla sala urlando “Che film orribile!”, è la prima che mangia con la bocca aperta e che prova piacere facendo del sesso, ma il semplice fatto di essere “smascherato” di fronte ad altri, l’ha frustrato. La bravura di Kechiche risiede proprio nel lasciare libero lo spettatore di nascondere il proprio istinto ancora un po’, ma nulla toglie che per tre ore si è stati degli animali come gli altri. Finita la pellicola, rimane questa certezza e come, formalmente ed esteticamente, il regista riesce a mostrarla.

Mattia Giannone
  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    L’avevo detto che ci sarebbe stato il GD! (Grande Dibattito!)

    Condivido tutto riguardo alla messa in scena e alla capacità di Kechiche nel farci “identificare” con Adele. La costruzione delle scene e le inquadrature sono così magistrali da far dimenticare la banalità di alcune situazioni (non succede mai nulla di inaspettato, mai!). L’immedesimazione è un aspetto, peraltro, che varia da persona a persona, ma non si discute che qui è resa in modo davvero efficace anche per il più freddo degli spettatori. Solo questo basta per dire che è un ottimo film. L’evoluzione di Adele è il centro e il cuore di tutto, lo “scavo psicol..blabla” è fantastico. Il film si chiama La Vie D’Adele, ca va sans dire!

    Quel che proprio non capisco, dal profondo della mia ignoranza nei vari aspetti estetico-filosofici, è questa ostentata celebrazione della “sincerità”. Non dico che quello che scrivi non sia in quelle immagini, anzi. Ma come fai però a scrivere che “gli attori sono liberi di essere loro stessi”? Come possiamo saperlo, noi, che è davvero così? E se anche così fosse, quanto questa Verità pesa sull’economia del film? Per te tanto, per me poco. Signor Kechiche, lei può anche raccontarmi che è riuscito a trovare l’anima dell’attore: ma a me, umile spettatore, che me ne importa?

    Tolta questa essenziale qualità (positiva, negativa non importa: qualità), ciò che resta, per me, è un pò poco. C’è un unico, grosso difetto che tu non dici (o di cui non ti interessa: mi sa che è meglio così), ed è, come dire…che è un film molle. Non c’è nessuna idea incisiva, le questioni (se ci sono, e confido che ci sono) sono trattate con superficialità. Non perchè Kechiche sia incapace, ma perchè è troppo appiccicato agli incisivi coniglieschi di Adele per dire qualcosa di più dell’ambiente che la circonda. Cioè, dice tutto, mosta tutto, ma poi? Per me si esaurisce.

    O forse sono io che cerco il famoso Pelo Nell’Uovo ;)

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    1) “Gli attori sono liberi di essere loro stessi”?, lo ha detto il regista e lo ha detto Adèle. Poi se è tutta una montatura… Non lo so, io l’ho sentito nelle viscere. Sia chiaro: non è un aspetto che ricerco in un film (Holy Motors non è un film “sincero” sotto questo aspetto, eppure è il migliore del 2013), ma in questo caso è quello che mi ha colpito e che mi ha fatto dire: “la vie d’Adèle” è nella top 5 dei migliori film del 2013.
    2) Un film molle? All’inizio pensavo cosi anch’io, poi mi sono accorto che il film non racconta “nulla” raccontando tutto, ossia la quotidianità della ragazza. E’ discutibile certo, e solitamente non lo apprezzo, ma qui Kechiche lo ha fatto talmente bene…

    Comunque ho colto quello che vuoi dire e sono d’accordo con te, eppure non riesco a dire: “la vie d’Adèle non mi ha convinto del tutto”. Non so perchè… Comunque a questo livello si tocca la sensibilità del singolo. Qui risiede la bravura di Kechiche: nel bene e nel male ci ha fatto pensare.

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    Però quella della “massima espressione dell’erotismo rustico degli ultimi anni” me la devi troppo spiegare.

  • http://www.blogger.com/profile/13526718142537678826 Kelvin

    Mah… veramente, per quello che ne so io, le due attrici si sono profondamente risentite con Kechiche per averle ‘costrette’ a recitare fin troppo sopra le righe (soprattutto nelle scene erotiche) tanto da sentirsi ‘usate’. Entrambe, dopo la formalità della premiazione a Cannes, si sono dissociate dalle opinioni del regista. Altro che libere di essere loro stesse!

    vedi qui: http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2013/10/12/news/attrici_e_regista_contro_la_polemica_infinita_sulla_palma_d_oro-68444358/

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    Io ho letto le interviste dei Cahiers di settembre. Allora: Adèle dice che è stata un’impresa fantastica, mentre Seydoux dice che è stato difficile, ma che apprezza il risultato di Kechiche. Certo, non farà più un film con lui, ma ha detto di essere contenta di averlo fatto (il film, intendo…).

  • http://www.blogger.com/profile/01505840319808672920 Lisa Costa

    La tua analisi è splendida! L’immersione in questa realtà/finzione e nella vita di Adele è e deve essere totale, e per quanto lavoro ci sia dietro per le due attrici, la loro prova è qualcosa di sconvolgente e da pelle d’oca!

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    Comunque la Exarchopoulos (a proposito ma che cognome da marziano è?) che piange e smocciola a comando del regista è tanta roba.

    Ah, propongo speciale dei cineuforici sugli incisivi di Adele

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    Grazie Lisa… sei l’unica a capirmi! ahahahah… Sotto e nella recensione di Stefano preciso per tutti.

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    In merito alla “naturalezza”, vorrei precisare una cosa. Nella mia recensione non volevo dire che il film è naturale al 100% (tipo cinepresa nascosta), piuttosto che la finzione è vicinissima alla realtà da farla sembrare vera. E’ quindi evidente che la scena di sesso è chiaramente finta, ma talmente ispirata al reale da farla sembrare tale e sincera. Tutto qui… :)

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    Ahahaha… è greca! Gli incisivi di Adèle, tanta roba! ahahahah

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