Benh Zeitlin: Beasts of the Southern Wild

Beasts of the Southern Wild

(Usa 2012, 93 min., col., drammatico)

“Chapeau!”. La pellicola d’esordio di Benh Zeitlin è una grande pellicola e, non a caso, si aggiudica il Sundance 2012 (nonostante le critiche del mio collega a questo festival) e la Camera d’or a Cannes nello stesso anno. Non è poco per un regista classe ’82.

Hushpoppy (Quvenzanhé Wallis) è una bambina di nove anni che vive in povertà “con” il padre Wink (Dwight Henry) nel sud degli Stati Uniti. Le ristrettezze economiche dell’intera comunità della zona, si affiancano all’immaginazione della bambina (vero scudo sociale) e ai problemi ambientali (dighe, inquinamento e degrado), nonchè al rapporto fra città e periferia.

Leggendo questa breve trama, sembra non esserci nulla di nuovo nel mondo di Benh Zeitlin. Invece, è proprio la riproposizione di temi già visti, ovvero l’utilizzo di questi argomenti ormai già “scontati all’80%”, da un punto di vista diverso e in chiave estetica (e non di denuncia) a rendere quest’opera prima qualcosa d’importante.

L’influenza di Spike Jonze è evidente e le citazione al suo Nel paese delle creature selvagge sono più che esplicite, ma non danno fastidio… anzi! A differenza di Max, protagonista della pellicola del regista della cerchia di Kaufman e centro narrativo del film, Hushpoppy “è” il film: “tutto è lei” e qui risiede la grandezza dell’opera. Gli intenti stilistici sono chiari fin dall’inizio. Ciò che vediamo è ciò che vede, pensa, immagina e sogna la bambina in un mondo che la trascura. Il suo processo immaginativo è il suo istinto e, come una bestia feroce, sopravvive con l’ingenuità di una bambina di nove anni, così come la macchina da presa si muove a spalla nella natura de profondo sud statunitense. Dà fastidio? Non è chiaro cosa ci fanno lì questi cinghialoni preistorici? A quell’età niente è ancora chiaro. Non si capisce che malattia ha suo padre, dove va, cosa fa e così via? Ai bambini non è dato sapere tutto, così come il loro “tutto” è visto da un punto di vista “altro”. La sequenza dei fuochi d’artificio, una delle più belle dell’anno, è chiarificatrice: vediamo cosa vede Hushpoppy, punto e basta; come tale ci sono momenti di festa (per l’appunto i fuochi), momenti d’incomprensione (il padre che sparisce), momenti di tristezza irrazionale e momenti d’immaginazione che tentano di spiegare razionalmente la realtà.

L’incomprensione è solo dell’adulto e nasce dal fatto che, banalmente, non è più bambino. Non è un film per bambini, è un “film bambino”. Come tale, razionalmente non è possibile capire i cinghialoni preistorici. Si comprendono solo se si ritorna a livello immaginativo, come fa la mestra e mamma (sostituto) di Hushpoppy nonchè stregona del villaggio Bathtub. Questi mammiferi giganti sono la giustificazione fantastica del problema concreto (da denuncia, ma qui finalmente estetico) dell’innalzamento del livello marino. Non si tratta di un’interpretazione a posteriori da critico allo sbaraglio (caro anche al sottoscritto), ma l’enunciazione di ciò che viene detto nella pellicola, cioè da Hushpoppy: l’acqua si alza perchè il ghiaccio del polo si scioglie; in esso sono ibernati dei cinghiali che con il calore riprendono vita. Quanto basta a una bambina; lei riesce, come lo spettatore in quanto presente “nella” bambina, a vedere i mammiferi perchè guarda con gli occhi dell’immaginazione, con occhi estetici.

A differenza di Bellflower (a mio avviso molto interessante) in cui l’estetica era la crosta per rendere grande una storia in sé priva di vero interesse, Zeitlin fa dell’estetica la storia e porta a galla, in superficie, i problemi sociali che fungono qui da velo, da contorno. Il problema dell’innalzamento marino, infatti, non è il succo della vicenda (come un qualsiasi regista avrebbe fatto); lo è invece l’occhio della bambina che vede, come il pubblico, questo problema attraverso l’immaginazione. Un processo di creazione di immagini che cozzano, urtano contro l’attentato alla diga del padre, contro la società o contro l’elicottero che sorvola la palude. Le vere bestie selavgge non sono né i cinghiali né la popolazione di Bathtub né tantomeno Hushpoppy; lo sono, invece, le razionalità della contemporaneità mostrate in questa pellicola, di nuovo, non in stile “denuncia”, ma con estetica immaginazione.

Mattia Giannone
  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    forse questo sarebbe un inizio per fare pace col sundance. forse.

  • http://www.blogger.com/profile/09993226958393520486 Marco Goi – Cannibal Kid

    film stupendo!
    e anche a me ha ricordato nel paese delle creature selvagge, sarà per il titolo…

  • http://www.blogger.com/profile/08463041258958391271 bradipo

    ce l’ho lì pronto in rampa di lancio…