Leos Carax: Holy Motors (analisi seconda parte)

Leos Carax: Holy Motors

ANALISI
seconda parte
Sesto personaggio: Alex vs Théo

Sinossi: Monsieur Oscar si traveste da killer Alex e, senza che ci venga spiegato il motivo, uccide Théo, un lavoratore notturno avente lo stesso volto, ma non le stesse caratteristiche di Alex. Una volta ucciso, Alex lo traveste come se fosse lui a essere morto e non Théo (trucca Théo come se fosse Alex). Ma, non appena terminato, il nuovo Alex (Théo) accoltella al collo Alex, il quale riesce a trascinarsi, nonostante la ferita, verso la limousine aiutato anche da Céline.

Analisi: Alex, vero nome di Carax e nome del personaggio della trilogia iniziale della filmografia del cineasta francese, è interpretato ancora una volta da Oscar (fra l’altro secondo nome di Carax). Egli è alla caccia dell’Attore, ossia della finzione. Uccide senza problemi Théo perchè si tratta di un personaggio diverso, altro. Ma, non appena Alex/Monsieur Oscar traveste Théo da Alex, non è più Théo, diventa Alex e quindi non può essere morto poiché “un” Alex è ancora in vita (l’Alex/Monsieur Oscar che ha ucciso). Ecco perchè il personaggio Théo può colpire al collo Oscar; egli non è più il personaggio che interpretava fino a poco fa, ma un altro (“un” Alex per l’appunto). Detto ciò, nonostante la pugnalata al collo, Alex/Monsieur Oscar non muore perché Théo/Alex è vivo, il personaggio di Alex in sé, fuori dagli attori, è in quel momento vivo “sul” corpo di Oscar e Théo. Insomma, dopo il travestimento i due Alex sono la medesima cosa, come personaggio di finzione e non come individui della realtà. Come tali, essi non si possono uccidere l’un l’altro perchè morto uno, dovrebbe morire insieme anche l’altro. Alex/Monsieur Oscar, arriva all’auto trascinandosi, morente, agonizzante fino a quando non esce dal suo personaggio e ritorna a essere Monsieur Oscar, pronto per un’altra prova d’attore.

Imprevisto: il titolare e l’assassinio

Sinossi: Rientrato nella limousine, Oscar si accorge che è presente un altro individuo: il suo titolare. Egli è venuto a controllare il lavoro del protagonista. S’informa su come sta procedendo il lavoro e nota un certo affaticamento fisico e psichico nel suo pupillo. Tant’è che chiede al suo dipendente se non ha perso la fede in ciò che sta facendo e cosa lo spinge a continuare. Lui risponde: “Je continue comme j’ai commencé, pour la beauté du geste”. Una volta che il titolare è uscito dalla limousine, la serie degli appuntamenti sembra riprendere il suo corso, ma Oscar chiede a Céline di fermarsi di fronte al ristorante Fouquet’s. Qui egli scende a petto nudo e, con una maschera rossa sul volto, si dirige verso il ristorante e spara al suo sosia seduto al ristorante per la cena. Fermato dalle guardie del corpo, viene ucciso. Céline raggiunge il copro esanime di Oscar e sussurra al suo orecchio: “Monsieur Oscar, nous allons nous mettre en retard”. Allora, Oscar si alza e sale nella Limousine.

Analisi: Michel Piccoli, nel ruolo del capo di Oscar, ha il compito d’interpretare il ruolo del decano degli attori francesi. Anzi, è lui l’attore francese per eccellenza (inutile ricordare i suoi film). Egli subentra nell’agenda di Oscar, come un imprevisto. E’ preoccupato perchè teme che Oscar stia facendo ciò che fa solo per lavoro, senza più gusto come molti altri. Il protagonista invece lo rincuora, perchè è il gesto del personaggio al centro del suo interesse e non il personaggio in quanto tale, viziato dalla routine o da ordini esterni. Ma è difficile oggigiorno, si lamenta Oscar, le macchine da presa sono ovunque e piccole; il set ricopre il reale e questo è il set. Inoltre, non si può essere al cento per cento ad ogni singolo momento della giornata e la serie di appuntamenti, sfiancherebbero chiunque. L’inventiva sembra allo sbando ed è ciò che teme il titolare. In uno scatto d’orgoglio, e dopo che Piccoli scende dall’auto, Monsieur Oscar improvvisa, verifica se è ancora in grado di elevare il “gesto” ad arte. Uccide sé stesso (o un suo sosia) al ristornate, crea un imprevisto in grado di sconvolgere il suo piano lavorativo, ma prontamente Céline lo rimette sulla carreggiata: rischia di essere in ritardo per un altro appuntamento.

Settimo personaggio: l’anziano M. Vogan

Sinossi: Oscar si traveste in M. Vogan, un uomo anziano sul punto di morire. Scende dall’auto, entra in un hotel e sale in una stanza. Qui, in pigiama, si sdraia sul letto (ai suoi piedi c’è un cane nero) e recita la parte del morente. A questo punto, entra sua nipote Léa e, ai piedi del capezzale, discorre un’ultima volta con Vogan, il quale, poco dopo esala l’ultimo respiro. Un paio di secondi e Vogan si rialza, ringrazia Léa per la sua recitazione, ne chiede il suo vero nome e si allontana.

Analisi: Questa sequenza, una delle più belle della pellicola a mio giudizio, inizia a chiarire la situazione, la narrazione. Per la prima volta è chiaro che anche le persone che compaiono a fianco di Oscar stanno in realtà recitando. Infatti, non solo Oscar recita la parte di M. Vagan in punto di morte, ma anche la ragazza di nome Elise, recita esplicitamente la parte della nipote Léa. Ciò appare chiaro subito dopo il decesso dell’anziano quando non è più il personaggio M. Vogan che si alza dal letto, ma Oscar con ancora addosso i costumi e il trucco di M. Vogan. Qui risiede tutta la poesia dell’attore: capacità d’immedesimarsi nel personaggio e allo stesso tempo esserne distaccati. Oscar si fa “portatore” di Vogan (come Elise si fa portatrice di Léa); è il suo supporto materiale e senza di esso il personaggio non potrebbe avere luogo. Non esiste pertanto una separazione netta fra la finzione e la realtà, entrambi sono legati inscindibilmente: il reale è la base per l’immagine del reale.

Incontro

Sinossi: Risalito a bordo della limousine bianca, Oscar e Céline si dirigono verso un altro appuntamento. Lungo la strada, Céline urta un’altra limousine bianca. Al suo interno è presente una donna che non appena incrocia lo sguardo con Oscar, lo riconosce immediatamente. In gioventù i due erano molto legati (forse innamorati?). Anche lei attrice, i due si lasciano andare ai ricordi del passato passeggiando in un vecchio grande magazzino. Dopo che l’attrice (Kyle Minogue) canta il motivo principale della pellicola, Who were we?, e essersi congedata da Oscar che deve proseguire per i suoi appuntamenti, si toglie la vita insieme al suo autista lanciandosi dall’alto del magazzino.

Analisi: Dal dramma precedente si passa al musical a sfondo drammatico, un altro genere di nuovo sulla cresta dell’onda negli ultimi anni. Oltre al dramma che gli attori devono vivere, ossia al fatto di non poter essere mai se stessi, nonchè l’impossibilità di avere relazioni, si prefigura il legame inscindibile fra l’autista e l’attore. Infatti, oltre alla tristezza dell’attore, emerge in tale sequenza la relazione angelo custode e individuo, già cara a Luc Besson con AngelA, ma figlia dell’eredità cocteauiana con i suoi Le Testament d’Orphée e Orphée (qui l’angelo custode è proprio un autista). Senza più il proprio pupillo, l’angelo/autista non ha region d’essere; per tale motivo quando la donna si butta, l’angelo non può fare altrimenti.

Ottavo personaggio: in famiglia

Sinossi: La giornata lavorativa sembra finita. Céline lascia Oscar, in una via residenziale in cui tutte le case sembrano le stesse; lo paga, le consegna le chiavi di casa per la notte e si danno appuntamento per l’indomani alla stessa ora. Oscar entra nella casa e, sulle note della canzone francese Revivre di Gérard Manset, ritova sua moglie e le sue due figlie che si rivelano essere delle scimmie. Dopo aver raccontato la giornata lavorativa, annuncia che le cose stanno per cambiare.

Analisi: Questa è forse la sequenza più angosciante, anche perchè inattesa, del film. L’angelo/autista Céline si congeda da Oscar, il quale reciterà tutta la notte la parte del marito e del padre dei primati. E’ chiaro che sia la partenza come uomo d’affari alla mattina sia quest’ultima situazione, chiarisce ancora una volta come in realtà in ogni istante della vita si reciti e non si è mai sé stessi. O, meglio, si è sé stessi solo quando si recita. Questi istanti, però, rivelano anche altro: il rapporto che Carax ha con il cinema. La canzone dal titolo eloquente e le parole finali di Oscar in merito a un possibile cambiamento, preannunciano ad una rinascita cinematografica che non può non ripassare dalle tappe dell’evoluzione: dai primati all’Homo sapiens, dai lavori cronofotografici di Marey (per altro esplicitamente citati) al cinema contemporaneo. Non si tratta di una linea orizzontale destinata a finire, ma di un circolo che può rinascere ogni volta. Carax, come ben sostengono i Cahiers, è la fenice che risorge dalle sue ceneri, così come il cinema deve rinascere dai suoi resti contemporanei creando qualcosa di nuovo senza rinnegare il passato (ecco perché Oscar non è un primate: rappresenta il presente in relazione col passato, le scimmie). Carax, in questa pellicola, compie una via crucis; rivede tutte le tappe della sua carriera, tutte le tappe del cinema, e si fa profeta della resurrezione: se non del cinema intero (sarebbe troppo presuntuoso, anche se ne illustra i mali), almeno del suo. Rinasci Carax, ma non si vedrà l’ora di vederti di nuovo nel tuo declino e nella tua successiva rinascita, se ogni volta crei un Cinema di questo tipo.

Epilogo

Sinossi: La giornata lavorativa di Céline è giunta al termine. Riporta la limousine al garage Holy motors, dove altri autisti stanno parcheggiando la loro. Indossa una machera, chiama al telefono e annuncia il suo ritorno a casa. Una volta uscita dal garage, le limousine iniziano una discussione e si lamentano della giornata lavorativa; temono che presto verranno rimpiazzate dagli umani. Dopo un periodo di silenzio, il film termina con un “amen” generale.

Analisi: Dopo il colpo inferto da Carax allo spettatore nella precedente sequenza, ci si aspetta una tregua. Invece, viene inferto un altro colpo mortale allo spettatore: il mezzo di locomozione ha coscienza. Prima però avviene un’altro fatto importante: l’anonimato dell’individuo. Finito di recitare, l’angelo diventa anonimo e si allontana per essere dimenticata, sciogliendosi i capelli e indossando una maschera priva d’espressione. Si è capovolta la situazione, perchè per recitare non si ha più la necessità della maschera, mentre per vivere la realtà sì. Allora, si è costretti a fingere di vivere e si deve vivere la finzione. Si capovolge, inoltre, la celebre affermazione “presto gli uomini verranno sostituiti dalle macchine” in “presto le macchine verranno sostituite dagli uomini”. La limousine è la tomba del cinema, un’enorme bara che presto verrà sostituita dal corpo dell’uomo. L’uomo e il suo corpo diverranno il mezzo per realizzare il film, nel cambiamento annunciato da Oscar nella sequenza coi primati. E’ l’attore e non i capricci tecnici (la limousine, il computer e così via) che possono portare alla rinascita del cinema.

FINE

Commentare Holy Motors è riduttivo. Poche cose si possono ancora dire: senz’altro il miglior film dell’anno, ma fra qualche anno qualcuno oserà dire, e io lo sosterrò, che si è stati di fronte a uno dei dici migliori film nella storia del Cinema. Grazie Leos Carax!

Ecco il trailer in lingua originale:

Mattia Giannone

 

  • http://www.blogger.com/profile/09993226958393520486 Marco Goi – Cannibal Kid

    che analisi immensa!
    necessaria per un film davvero immenso!

  • http://www.blogger.com/profile/11347254217489974262 Stefano

    Complimenti collega….scimpanzè?? Limousine che parlano….?? Fremo all’idea di vederlo

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    sì, il finale è incredibile

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    Grazie, ma tutto il merito va al film: come dici tu, davvero immenso

  • Federico Mainardi

    Ciao Mattia! Complimenti per l’analisi! Tu hai letto questa pellicola in chiave meta-filmica (ed è sicuramente la chiave migliore), ma come tutte le vere opere d’arte si presta ad un’ermeneutica multiprospettica: per me ci sono sequenze che permettono ipotesi interpretative ben oltre il discorso sulla settima arte. In particolare:
    - il padre di famiglia che biasima la figlia esortandola ad essere più disinibita, in un curioso quanto attuale ribaltamento dei valori del passato (trasvalutazione?);
    - il titolare: se la vita è finzione, chi ha disposto che sia così e chi la dirige? Qui le suggestioni potrebbero andare dai “superiori occulti” delle società teosofiche alle questioni prettamente teologiche. Lungo questa prospettiva, il successivo omicidio improvvisato sembra una risposta al dibattito tra servo arbitrio e libero arbitrio;
    - le due sequenze finali: riannodano darwinismo al contrario, macchinismo al contrario (vista la frequenza delle situazioni di ribaltamento, si potrà parlare di un'”estetica dell’inversione”?) e suggestioni escatologiche, in un corpus enigmatico quanto denso di possibili significati.
    Insomma a tutti gli effetti una pellicola polisemica: una grande opera.

  • http://www.blogger.com/profile/13267355458580221545 Mattia

    Certo mi sono limitato alla filosofia del cinema (o cinema della filosofia?), ma le chiavi sono molteplici. Per questo sarà una pietra miliare del XXI secolo…

  • Pingback: Joe Wright: Anna Karenina | I Cineuforici()

  • Pingback: Leos Carax: Holy Motors (english version) | I Cineuforici()

  • Matteo Savoldelli

    Ho letto sia la recensione che l’analisi! La mia prima impressione è stata quella di un’analisi sul cinema ovviamente, ma che invece di muoversi per idee e concetti (tra le nove scene), si muovesse per comparti, sviluppando al loro interno le idee e i concetti. Ossia, scelto un comparto in cui inserire il protagonista, poi io regista ne svolgo una critica. I comparti mi sono parsi a grandi linee questi:
    – Mendicante > costumi
    – Motion capture > effetti speciali
    – Mr. Merde > montaggio
    – Padre di famiglia > sceneggiatura
    – Orchestra > colonna sonora
    – Alex vs Theo > trucco
    – Assassino al ristorante > fotografia
    – Mr. Vogan > recitazione
    – Famiglia > scenografia
    Questa è stata la prima impressione, qualcuno di più competente magari ha notato una disposizione diversa, o una mancanza di tali movimenti per comparti.