Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia: 5 settembre 2012. O Gebo E A Sombra, The Millenial Rapture

Solo due film, ahimè, nell’ultimo giorno di permanenza a Venezia.

Manuel De Oliveira: O Gebo E A Sombra (Portogallo)

Non starò a ribadire come fanno tutti l’eccezionalità della figura di Manuel De Oliveira, vispo 104enne in piena attività. Ciò che davvero conta non è tanto il fatto che continui a girare film, ma che questi film siano intelligenti e affascinanti come pochi giovanotti oggi riescono a fare. Singolarità di una ragazza bionda era carico di un senso di mistero e attesa, così come il Caso di Angelica era carico di significati nascosti; in tutti i casi le costanti erano due: l’impiego degli stessi attori (specie il nipote) e la maniera teatrale nell’organizzazione e realizzazione dei film. Però, c’erano sempre momenti di grande cinema. In quest’ultimo scarseggiano come acqua nel deserto.  Ancora trattasi di un adattamento di una piecetetrale, estremamente logorroica, in cui un anziano contabile mantiene moglie e nuora, abbandonata dal marito da anni. Improvvisamente torna il figlio completamente cambiato, che porterà scompiglio nella fin troppo tranquilla vita dei tre. Non bisogna essere dei geni per capire che la vicenda riflette la vita stessa del cineasta, diviso tra l’anziano abitudinario, onesto e rassegnato, simbolo di una vita fatta di abitudini e onestà, ma priva di forza vitale;  e il giovane tormentato, che di notte si trasforma in un ladro e selvaggio, uno spirito libero. Girato in interno a lume  di candela, si sprecano le discussioni su arte, dovere e moralità.

Koji Wakamatsu: The Millenial Rapture (Giappone)

Film sui peccati dei padri che ricadono sui figli. Ambientato in una non precisata città giapponese in un ancora meno precisato periodo storico, sospeso tra antichità e modernità. Una levatrice ricorda anziana la nascita di due fratelli di una famiglia “maledetta” rievocando le rispettive vite. Uno  riceve dal padre la capacità di sedurre ogni donna, dono che presto conduce il giovane alle collere dei mariti traditi e quindi alla sua uccisione; l’altro non riesce a vivere senza il pericolo e fa una fine simile. In pratica più che di un film si tratta di  una parabola morale, impregnata fino al midollo di tradizionalismo giapponese. E’ una messa in scena in vecchio stile, puramente conservatrice. Interessante la figura della levatrice, coinvolta emotivamente nelle passioni dei due giovani ma allo stesso narratrice distaccata,  buddhista serena. Scopriamo che ha perso un figlio subito dopo la nascita. La vediamo pregare sempre per quei due giovani condannati dal destino.Perché per lei sono ancora i bambini che ha avuto tra le mani quando sono nati.

Stefano Uboldi