Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia: 31 Agosto 2012. Superstar, Gli Equilibristi, The Iceman

La mostra è iniziata in sordina. Sebbene la stampa abbia lodato una rinnovata sobrietà e riflessione rispetto alle vecchie edizioni, a scapito di divi e lustrini, poche sono state le sorprese e ancor meno l’entusiasmo. Lo confermano le proiezioni viste oggi, tutt’altro che esaltanti. Solo la premiazione del Leone D’Oro alla carriera a Francesco Rosi, e un magnifico documentario su Monicelli a fine serata salvano la giornata. Non ho ancora il dono dell’ubiquità, quindi non sono riuscito a vedere Bad 25 di Spike Lee. Credo che dormirò comunque, stanotte.

Xavier Giannoli: Superstar (Francia)

Truman esce dallo studio in cui ha sempre vissuto e scopre di non essere più uomo ordinario nel mondo reale.  Difficile non pensare alla pellicola di Peter Weir vedendo questo film, ennesima critica rivolta al superpotere dei media e del mondo dello spettacolo. Qui il protagonista Martin, uomo banale (la parola acquisisce una certa importanza all’interno della pellicola) si trasforma in idolo da un giorno all’altro. Pourquoi? si ripete per tutto il film. Magia, nessuno lo sa. La fama da, la fama toglie e l’elevazione mediatica si trasforma in un incubo. Pregevoli le interpretazioni del simpatico, questo non si toglie, Kad Merad, e alcune comparse qua e là che strappano a fatica qualche risata. E poi la musica magniloquente, usata sistematicamente fuori luogo. Per il resto, deja vù. Il film è addirittura in concorso per il Leone. Pourquoi? Pourquoi? POURQUOI?

Ivano De Matteo: Gli Equilibristi (Italia)

Inaugura la sezione Orizzonti un film italiano. A causa di una (quasi insignificante) relazione extraconiugale, il protagonista (Valerio Mastrandea, faccia da cane bastonato, convincente) è messo alla porta dalla moglie. Comincia una vera e propria discesa negli inferi, descritta con stile asciutto, agghiacciante. Le spese per i figli e per sè stesso diventano insostenibili, cercherà invano un secondo lavoro in nero, ma è tutto inutile. Costretto a dormire in macchina dopo aver abbandonato vari alloggi temporanei, comincia a venir meno il suo equilibrio mentale, tanto da perdere persino l’intesa con l’amata figlia, suo unico sostegno. Un film toccante e sensibile, che tocca il tema della crisi economica mirando a colpire il percorso poco battuto delle difficoltà di sussistenza che investono i padri di famiglia separati. Cosa c’è che non va? E’ il solito film italiano. Solita struttura con briciola salvifica di speranza finale, solite volgarità in romanesco, solite battutine per sdrammatizzare, tendenza frequente e forse volontaria a ricadere negli ingranaggi del melò. Anche qui, niente di nuovo sotto il sole. Accoglienza straordinaria da parte del pubblico, visibilmente commosso.

Ariel Vromen: The Iceman (USA)

Film fuori concorso, che racconta la storia vera di Leonard Kuklinski, killer di professione, ritenuto responsabile di centinaia di omicidi su commissione. Passò tutta la vita, fino alla cattura, con la maschera di un onesto cittadino, moglie fedele e due figlie amatissime. Una riflessione su tutte: l’opera sembra costruita attorno all’espressione da maniaco di Michael Shannon e a quella giuliva (tonta oserei dire) di Wynona Ryder, oltre che alle frequenti scene di violenza, uccisioni, cadaveri mutilati e congelati. Il film mostra, mostra, mostra e si spera che finisca prima o poi: non proprio un bel segnale. Ottimi effetti sonori, si salta sulla sedia. Il principale difetto risiede proprio in quello che dovrebbe essere il suo punto di forza: il protagonista. Dovrebbe crearsi una specie di empatia con questo personaggio, e invece rimane fino alla fine al suo posto. Per chi non l’avesse capito, quello di un sicario psicotico.

 

Stefano Uboldi