David O. Russell: The Fighter

DAVID O. RUSSELL

The Fighter

(Usa 2010, 115 min., col., drammatico)

La storia di due pugili e della loro famiglia. Due fratelli, provenienti dallo stesso ambiente, i quartieri proletari della provincia americana, completamente diversi fra loro: nell’intervista che apre il film, uno di loro dice: “io gioco d’esterno, lui incassa, di’interno”.

Dicky (Christian Bale) ex lottatore che sfidò una leggenda vivente (Sugar Ray Leonard) e Micky (Mark Wahlberg) pugile di razza ma poco fortunato. Dicky passa il suo tempo a drogarsi per attenuare il rimpianto di una vita che poteva salvarlo dalla miseria, e (quando è lucido) allena il fratello cui è molto legato. Quando la situazione collassa, uno arrestato e l’altro in crisi, un ultimo incontro redimerà le loro vite. A fare emergere il talento di Micky non sarà solo Dicky, che vede attraverso il successo del fratello un riscatto, ma anche la fidanzata Charlene (Amy Adams), barista anch’essa in fuga dalla propria vita, in diretto contrasto con l’invasiva madre dei due(Melissa Leo), vera e propria manager dei figli.

David O. Russell porta in scena una storia vera focalizzando soprattutto sui rapporti familiari, vero soggetto del film, molto più che lo sport. Il regista di Three kings, noto per il suo carattere difficile (ha davvero preso a pugni molti suoi attori!), ci presenta una pellicola costruita con solidità, robusta anche se accessibile al grande pubblico. Purtroppo annoia la ripresa a mano “tremolante”, scelta per incidere sul realismo: alcune vicende sono seguite da una troupe che lavora sulla storia della vita (soprattutto del declino) di Dicky.

Il punto di forza del film, garante dei suoi premi, è la prova attoriale cui sono stati sottoposti i protagonisti. Primo su tutti Christian Bale, che per questa parte è dimagrito moltissimo (non è la prima volta) regalandoci una interpretazione febbrile, convincente, del ragazzino mai cresciuto e schiacciato dalle avversità.

In tutta onestà, il film non dice niente di nuovo. Un film da oscar potremmo dire, di quelli che appena prodotti si mormora “questo vince l’oscar!” ma che poi si dimentica subito. La vicenda è prevedibile, storia di ascesa poi caduta e infine ripresa tipica del genere sportivo; poi le somiglianze con altri film sul tema, Rocky su tutti, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente di riferimento della classe operaria americana. Altri personaggi dello sport sono stati rappresentati con maggiore forza emotiva.

Un film notevole dunque, ma non eccezionale. Ha avuto il suo momento di gloria, come un pugile al suo apice, destinato però ad essere oscurato in breve. Soprattutto per un pubblico alla ricerca di qualcosa che rimanga impresso nella memoria, cinema di cui il nostro blog è assetato cercatore.

Stefano Uboldi