David Fincher: The Social Network

DAVID FINCHER

The Social Network

(Usa 2010, 121 min., col., drammatico)

“Il curioso caso di Benjamin Button” è sembrato (soprattutto per gli appassionati di David Fincher) il clamoroso rammollimento di un regista forte, non particolarmente innovativo o geniale, ma sempre capace di risucchiare lo spettatore in opere altrettanto forti e decise.

Prima assistente agli effetti speciali, poi regista di videoclip. Poi Seven, The Game, Fight Club il trio di capolavori. Ma anche i più recenti Panic Room e Zodiac non sono da sottovalutare. Chi avesse pensato, come me, che il suo percorso avesse preso una brutta piega si deve ricredere di fronte a “The Social Network”.

Il film, che ripercorre la creazione del sito più famoso di oggi, attraverso principalmente le cause legali indette dai “cofondatori” contro il genietto nerd Mark Zuckerberg, vanta la narrazione da cardiopalma dei migliori film del passato di questo regista. Specialmente la prima parte, che con un ritmo vertiginoso spiega la nascita dell’idea-base di Facebook, cioè…farsi gli affari degli altri. “Non piacerai agli altri non perchè sei un nerd, ma perchè sei uno stronzo” è la molla della vicenda; il contesto iniziale è quasi morboso: indire un voto delle più fiche dell’università come vendetta alla propria ex…

Lungi dall’essere un semplice documentario, l’intero film si regge sul tema della competizione senza freni per arrivare per primi (vedere la scena della gara di canottaggio…) ad ogni costo e sulle spalle di chiunque.

L’atmosfera che permea il film è cupa e claustrofobica, che sia nelle camerette dei programmatori sfigati o nei festini universitari, nelle discoteche allucinate o ancora nelle asfissianti stanze dell’alta società, non si scampa alla disumanizzazione; se non fosse per certe trovate ironiche della sceneggiatura, questo sarebbe un film decisamente alienante.

Particolare merito alla musica di Trent Reznor dei Nine Inch Nails, la cui elettronica – industrial è decisamente la più azzeccata per un film del genere.

La vicenda di Facebook e della sua origine è solo un pretesto per raccontare il lato oscuro del capitalismo: non dunque un film contro Facebook, ma contro un sistema che spinge amici o collaboratori a sbranarsi a vicenda, che trasforma giovani brillanti in mostri d’avidità.

Stefano Uboldi