Andrej Tarkovskij: Stalker

ANDREJ TARKOVSKIJ

STALKER

(Urss 1979, 163min., col., fantascienza)

Questa recensione è un tributo personale all’opera di Tarkovskij, non ha l’ambizione di spiegare o interpretare un’opera tanto complessa, che richiederebbe libri e settimane di ricerca..Le rigide restrizioni e il controllo della cultura in Unione Sovietica non hanno impedito al cinema russo di esprimersi in vera forma d’arte moderna come è successo dal “nostro” lato della cortina di ferro. Sarebbe magnifico confrontare il nostro e il loro modo di fare e vedere film, ma credo ci vorrebbe una vita.

Alla fine degli anni settanta l’impegnata e controversa Nuova hollywood, figlia della controcultura americana dei ’60, stava per essere messa da parte dai “superregisti” Spielberg o Lucas, in un ritorno al cinema d’intrattenimento.

Invece in Russia, nell’anno di Apocalypse Now, un regista già grande e affermato (ha alle sue spalle “Andrei Rublev” e “Solaris”) gira un film che, in bellezza e profondità, raggiunge (supera?) le vette toccate da Kubrick nella sua “Odissea nello Spazio”. Il regista è Andreij Tarkoviskij e il film è “Stalker”.

Uno scienziato e uno scrittore ingaggiano una guida, lo “Stalker”, per entrare nella “zona”, un luogo mistico e pericoloso generato dalla caduta di un meteorite, nella quale si dice ci sia una stanza che avvera ogni desiderio.

Lo stalker conosce la zona e le sue trappole, ed è disposto a rischiare la vita oltrepassando i controlli delle autorità (il luogo è recintato e protetto); lo fa per denaro ma soprattutto perchè sente un mistico senso di appartenenza alla zona (è l’unico a non sentire il bisogno di entrare nella stanza), come se fosse l’ultimo tempio della fede, l’unica regione sulla terra in cui sopravvivono la speranza e la libertà, la fantasia: fuori dal recinto è solo industria, macchine, miseria, solitudine.

Ma i due intellettuali hanno in mente di distruggere tutto: infatti la stanza non realizza i desideri volontari, ma quelli più nascosti e oscuri, ed è quindi una minaccia per il loro pensiero cinico e razionalista…

Il mondo disumano alienante all’esterno è immerso in un panorama industriale-post nucleare; alle preghiere della moglie dello stalker che lo prega di non partire e non farsi imprigionare (di nuovo), egli risponde “ormai tutto il mondo è una prigione”; la fotografia ocra-seppia-metallico è quella dell’esterno, e diventa pallido e allucinato nella zona; nella zona l’elemento artificiale, acciaio e il cemento invece nella zona sono coperti da vegetazione, acquitrini.

I dialoghi sembrano usciti da un opera shakespeareana, in cui si scontrano le idee dei protagonisti, uno alla ricerca dell’ispirazione e l’altro del nobel; solo lo stalker mantiene un briciolo di umanità (“al di là del filo mi hanno tolto tutto, questo posto è l’unica cosa che mi rimane”).

Il film è fortemente sconsigliato a chi si aspetta scene d’azione o d’avventura. Infatti è veramente lentissimo, con piani sequenza interminabili, monologhi filosofici, musiche ricercate; eppure la bellezza delle immagini cattura lo spettatore, che attratto magneticamente è attraversato da una sensazione di completezza.

La fine in particolare è spiazzante e lascia basiti, la figlia disabile dello stalker che sposta oggetti con la mente, con in sottofondo l’Inno alla Gioia.

La ricerca della verità, recintata col filo spinato dall’uomo, è parallela alla ricerca della bellezza.

Scene “Clou” di Stalker:

Esempi di “monologhi” nel film

http://www.youtube.com/watch?v=1pG6fv5oKQA&feature=related

E questa la scena che preferisco, onirica inquietante bellissima allo stesso tempo, puro simbolismo

http://www.youtube.com/watch?v=9-5sCYQ-B6Q&feature=related

Il finale altrettanto favoloso, peccato non l’ho trovato in italiano

http://www.youtube.com/watch?v=dNiVFCWMrqI

Stefano